Tutto ha avuto inizio a Novi Ligure. La rumorosa protesta dei residenti contro il progetto originale del Terzo Valico ha innescato una reazione a catena incontrollata tanto da mettere in discussione il trasporto delle merci pericolose per ferrovia, fino a porre limiti e vincoli ora contestati dalle imprese ferroviarie e dagli operatori del trasporto. Che cosa è successo di così tanto clamoroso a Novi Ligure? Il progetto del Terzo Valico prevedeva di realizzare una bretella merci verso Alessandria attraverso uno “shunt”, ossia una deviazione in sotterraneo che evitasse per ragioni di impatto ambientale la cittadina piemontese. Un comitato di residenti, appoggiato successivamente dall’amministrazione locale, si è opposto a questa soluzione chiedendo un tracciato che non evitasse il transito dei treni, ma anzi si innestasse nell’esistente scalo merci di Novi San Bovo in modo da valorizzare la sua funzione logistica in relazione diretta con il Terzo Valico.
La revisione del progetto è stata accompagnata da uno studio promosso da Rfi per valutare l’impatto del transito dei treni merci nell’abitato e in particolare quelli che trasportano merci pericolose. La soluzione, salomonica, è stata quella di congelare il passaggio dei treni prendendo come base di riferimento la situazione del traffico del 2017/2018. Osservazione a margine: in questo modo il Terzo Valico nascerebbe già zoppo. La decisione assunta da Rfi, sulla base di un’analisi della quale, secondo gli operatori, nessuno peraltro conosce metodi e risultati anche perché non ha coinvolto nessun soggetto direttamente interessato, a cascata è stata estesa a tutta la rete, limitando il trasporto di merci pericolose su alcune tratte giudicate sature dal gestore.
Se effettivamente applicata, la disposizione di Rfi avrebbe effetti negativi sulla sicurezza del trasporto, perché una parte delle merci pericolose sarebbe costretta a viaggiare su strada, quindi con una modalità meno favorevole. Inoltre, una norma di così incerta applicazione, finirebbe con il complicare l’attività degli operatori e delle imprese ferroviarie che non sarebbero in grado di offrire contratti certi casi propri clienti. “L’attuale disposizione imposta da Rfi deve essere al più presto eliminata, anche perché in contrasto con il quadro europeo di regolazione del trasporto ferroviario delle merci pericolose ”, afferma Luigi Legnani, presidente dell’associazione delle imprese ferroviarie FerCargo. L’obiettivo della creazione di uno spazio ferroviario unico europeo è accompagnato dallo sviluppo di un quadro normativo che assicura alla rotaia livelli di sicurezza più rigorosi rispetto alle altre modalità di trasporto. “L’assetto normativo”, osserva ancora Legnani, “è il software che si deve integrare all’hardware delle infrastrutture per sviluppare la competitività del settore e perseguire il riequilibrio modale nel sistema dei trasporti”.
Piermario Curti Sacchi