Se le ferrovie svizzere fossero un atleta si potrebbe dire che dopo una corsa da record del mondo hanno imboccato la fase del defaticamento. Lo slancio in avanti c’è stato con il progetto Ferrovia 2000 e soprattutto con la sfida di AlpTransit, la nuova ferrovia transalpina con i tunnel di base del Gottardo, del Lötschberg e del Ceneri che hanno trasformato le linee di valico in una ferrovia di pianura. E tutto questo, solo per AlpTransit, con un investimento superiore ai 20 miliardi di euro, senza un centesimo di contributo dell’Unione Europea.
Ma dopo questo passo in avanti di portata epocale, sull’asse nord-sud, a differenza di altre relazioni, le ferrovie e la Confederazione non intendono investire ulteriori risorse, per almeno altri trent’anni. Ma il corridoio AlpTransit, a parte i tunnel di base, è tutt’altro che ultimato, mancano tutte le tratte di raccordo, penalizzando così la vocazione di direttrice merci transfrontaliera ad alta capacità.
Tra il centro politico svizzero e la periferia cantonale che contesta le scelte nazionali ne è nata una contesa dagli sviluppi ancora da definire. Da una parte c’è il Consiglio Federale, vale a dire l’organo esecutivo del governo e quindi la più alta autorità elvetica, dall’altra gli amministratori del Canton Ticino, ma soprattutto tutti gli operatori del settore e le imprese, in particolare quelle che lavorano con la ferrovia. La materia del contendere è un documento che si chiama Prospettiva Ferrovia 2050 e che contiene le linee guida degli investimenti futuri. Il documento discusso e approvato dal Consiglio federale il 22 giugno 2022 e messo in consultazione pubblica (chiusa nel frattempo il 14 ottobre) potrà ancora essere modificato in quanto la decisione finale del Parlamento è prevista per il 2026.
Per quanto riguarda l’asse ferroviario nord-sud è contemplata in dettaglio una sola opera di una certa portata, il completamento della galleria di base del Lötschberg a due binari per tutta la sua lunghezza. E nulla di più. Da qui l’accusa rivolta alla Confederazione di privilegiare altri itinerari, comunque più che legittimi, e di non destinare risorse anche per completare le tratte mancanti di AlpTransit. Questo vivace dibattito politico è emerso anche nel corso dei lavori della quinta edizione del forum internazionale “Un mare di Svizzera” tenutosi a Lugano il 26 ottobre 2022.
Il documento Prospettiva Ferrovia 2050 redatto dall’Ufficio Federale dei Trasporti non lascia spazio a interpretazioni: “Non è necessario procedere ad ampliamenti infrastrutturali o potenziamenti di capacità significativi; ciò che occorre sono misure a livello di mercato che permettano di sfruttare le capacità esistenti in materia di pianificazione delle tracce e puntualità, piattaforme di trasbordo intermodali e tracce armonizzate per il traffico interno, d’importazione e d’esportazione”. Quindi tutto si basa solo su nuove piattaforme di trasbordo intermodali, di cui cinque già previste e pianificate, ma guarda caso, solo sull’asse est-ovest della Svizzera, e su un’attenta gestione delle tracce. Un po’ troppo poco dopo aver speso oltre 20 miliardi per un’opera di fatto incompleta.
Filippo Lombardi, Municipale della Città di Lugano e presidente dell’associazione Swiss Railvolution che persegue con tenacia l’esigenza di sviluppare tutti i corridoi ferroviari, lo ha espresso con chiarezza. “L’asse ferroviario nord-sud non è ancora ultimato e sono necessari ulteriori investimenti. Vogliamo evitare che nei prossimi trent’anni si pensi solo alla rete est-ovest mentre va rilanciata la prospettiva della Croce federale”. Quest’ultima definizione rende bene l’idea di due grandi corridoi est-ovest e nord-sud che si intersecano tra di loro e svolgono un ruolo di cerniera per tutta l’Europa. Ma la politica cantonale e quella nazionale, almeno finora, non sembrano trovare un punto di accordo.
Piermario Curti Sacchi