La Svizzera finanzierà con fondi propri il potenziamento della ferrovia lungo il corridoio Reno-Alpi anche fuori dai confini nazionali. Questa direttrice ferroviaria che si trova al centro dell’Europa, già messa a dura prova come capacità residua, ha dovuto fare i conti troppe volte con calamità naturali o incidenti ferroviari, a partire dal disastro di Rastatt nel 2017, per finire con le frane del marzo 2022. Su sollecitazione degli operatori dei trasporti, il Parlamento svizzero ha deciso d’incaricare il Consiglio federale che dovrà avviare negoziati con la Francia per creare un’alternativa e una capacità aggiuntiva all’asse ferroviario attuale.
In particolare, si chiede l’elettrificazione della tratta che si trova sulla sinistra del Reno tra il nodo tedesco di Wörth e Strasburgo in Francia. Contestualmente all’elettrificazione è previsto il potenziamento dell’infrastruttura secondo i parametri europei dei corridoi ad alta capacità. Questo intervento verrebbe favorito dal sostegno finanziario diretto della Svizzera, disposta a impegnare fondi propri per eliminare quello che viene descritto come un collo di bottiglia lungo l’intero corridoio Ten-T tra Genova e Rotterdam.
La Confederazione elvetica ha investito troppe risorse e riposto molte aspettative nei nuovi assi ferroviari transalpini, per aspettare fiduciosa che altri paesi come la Germania facciano lo stesso, potenziando i propri itinerari e adeguandoli ai transiti intermodali a grande sagoma. Così, subito dopo Rastatt, ha bussato alla Francia che a sua volta ha promesso di fare una verifica di tutti gli interventi necessari per potenziare questo corridoio. L’obiettivo è quello di dirottare parte del traffico dal lato tedesco del Reno a quello francese. Ma perché questa non resti solo un’ipotesi, le autorità svizzere ora sono pronte a pagare.
La ferrovia Reno-Alpi non ha avuto vita facile in questi ultimi anni, bersagliata da calamità naturali o incidenti che ne hanno imposto la chiusura per settimane o addirittura per mesi, senza contare i numerosi cantieri legati al potenziamento e alla manutenzione dell’infrastruttura, opere necessarie ma che finiscono con il ridurre drasticamente la capacità di trasporto. Attualmente l’alternativa di percorso attraverso la Francia di fatto non risulta praticabile per le caratteristiche della linea che comporterebbe costi aggiuntivi sia per il materiale rotabile sia per l’abilitazione specifica dei macchinisti. Ma finora le ferrovie francesi non hanno mostrato molto interesse a investire su questa direttrice. Il discorso cambierebbe però nel momento in cui sarebbe la Svizzera a farsi carico dei fondi necessari. La risposta è in mano al Consiglio federale, ma visti i precedenti su altri itinerari, anche a favore dell’Italia, il disco verde appare scontato.
Piermario Curti Sacchi