Il blocco della linea ferroviaria avvenuta il 6 giugno 2023 a causa di una frana è stato solo l’ultimo episodio in ordine di tempo di una serie d'interruzioni in seguito a calamità naturali che hanno interessato la direttrice internazionale Italia-Svizzera che transita da Luino. Il territorio presenta singole tratte molto fragili dal punto di vista idrogeologico mai risolte in modo del tutto esaustivo nonostante i numerosi interventi di messa in sicurezza realizzati. E lo svio del treno Sbb Cargo avvenuto all’imbocco della galleria Laveno in località Sasso Galletto tra Laveno-Mombello e Porto Valtravaglia lo sta a dimostrare.
La Gallarate-Luino rappresenta una delle direttrici di accesso al Gottardo. Nonostante abbia un tracciato che ricalca esattamente quello ottocentesco a singolo binario viene utilizzata dai treni merci come quelli del terminal Hupac di Busto-Gallarate, ma non solo, perché presenta un vantaggio considerevole rispetto alla direttrice principale a doppio binario via Milano-Chiasso-Bellinzona, quella di non avere tratte acclivi che richiedono la doppia trazione.
Sarebbe ingeneroso non riconoscere gli importanti interventi infrastrutturali e tecnologici effettuati lungo la Gallarate-Luino, cofinanziati in modo significativo anche dalla Svizzera, ma resta una considerazione di fondo da fare: come è possibile far fronte alla richiesta di sempre maggiore capacità per i treni merci transalpini, potendo contare solo sul tracciato esistente, a semplice binario, adatto nell’Ottocento e con forti soggezioni di stabilità geologica?
Eppure, l’ipotesi di realizzare una nuova gronda ferroviaria nord-ovest quale linea alternativa tra Cadenazzo (o Lugano) e Luino-Gallarate, anche dopo gli oltre venti miliardi di euro spesi dalla Svizzera con il progetto AlpTransit, è rimasta sempre un sogno nel cassetto. Le premesse c’erano tutte, con la convenzione bilaterale Italia-Svizzera del 2001 per lo studio dei tracciati di AlpTransit sud dove veniva riconosciuta l’esigenza di realizzare una gronda ovest e dove venivano individuate con precisione tre varianti di tracciato: Laveno-Luino-Cadenazzo (Laca), Laveno-Luino-Bivio Vezia (Luve) e Laveno-Bivio Vezia (Lave).
Nonostante questi studi abbiano successivamente fatto passi in avanti non si è mai usciti dalla fase di proposta, anche perché sia le ferrovie italiane e in particolare Rfi, sia il ministero delle Infrastrutture hanno sempre sostenuto come fossero sufficienti gli investimenti tecnologici già programmati. I primi, cofinanziati dalla Svizzera, sono stati portati a termine alla fine del 2017, dopo sei mesi di lavori e di contestuale interruzione della linea, quando la tratta Gallarate-Luino-Cadenazzo è stata adeguata al passaggio dei treni intermodali senza limiti di sagoma (dagli high cube ai semirimorchi) mentre i binari di incrocio sono stati via via allungati fino a 750 metri, secondo lo standard europeo.
La seconda tappa, conclusa a settembre 2019, ha riguardato la variante che da Gallarate, attraverso Besozzo, raggiunge Laveno-Mombello, stazione in comune con le due linee provenienti da Gallarate. I treni merci, infatti, utilizzano entrambi gli itinerari, normalmente in un unico senso di circolazione in base alle pendenze più favorevoli.
La direttrice di Luino dal 2019 è stata aggiornata con il sistema di segnalamento a standard europeo Ertms (ma solo di livello L1 con la presenza dei tradizionali segnali luminosi lungo la linea perché compatibile con la tratta in Svizzera). Un’ulteriore conferma dei limiti infrastrutturali di questo itinerario ferroviario è data dalla presenza di poco più di una trentina di passaggi a livello, di cui solo per metà esiste per lo meno un piano di soppressione. Tutto questo contrasta con la forte valenza internazionale della linea, fuori però dai riflettori dei grandi investimenti sui valichi.
Piermario Curti Sacchi