La quota del trasporto merci interno per ferrovia in Italia è ferma all’11% e nella migliore delle ipotesi sale al 13,6% se si considera solo la modalità terrestre, escludendo quindi mare e aereo. Per superare questo limite oggettivo e invertire la rotta, il gruppo Fs intende investire importanti risorse sia nelle infrastrutture sia nella gestione. I buoni propositi sono condensati nel Piano commerciale Rfi riferito agli anni che vanno dal 2021 al 2024 ma aperto anche a uno scenario proiettato in avanti. Il documento è stato pubblicato a marzo 2021 nell’edizione aggiornata per l’anno in corso alla luce del Contratto di programma degli investimenti 2017-2021, un passaggio essenziale perché il Piano non sia un libro dei sogni, ma preveda impegni di spesa già definiti. Il comparto merci, da solo, vedrà impegnate risorse per quattro miliardi.
Le ferrovie comunque non sono all’anno zero, e l’obiettivo è assecondare quell’evoluzione positiva dei trasporti su ferro avviata già a partire dal 2014, dopo un difficile decennio precedente, guidata dai traffici merci internazionali caratterizzati da una certa vivacità tanto che gli stessi sul totale del mercato sono passati dal 32% del 2003 al 49% del 2019. Il 90% del traffico, considerando anche quello interno, passa attraverso le direttrici principali individuate come corridoi europei Ten-T e corridoi merci. Su questi itinerari si condensano anche i maggiori investimenti infrastrutturale in atto o programmati.
Per quanto riguarda espressamente le potenzialità del traffico merci sono tre i grandi fronti sul quale si stanno spendendo risorse. Il primo è l’adeguamento della sagoma per i trasporti intermodali senza limiti, indicata come profilo P400 o P/C 80: a fine 2021 sarà presente sul 59% delle linee Ten-T complessive per salire all’81% nel 2024. Il secondo fronte è l’adeguamento a modulo, vale a dire la possibilità di comporre treni merci lunghi fino a 750 metri secondo lo standard europeo: in questo caso la situazione è molto arretrata in quanto solo il 28% delle linee Ten-T complessive sarà a modulo alla fine del 2021 con obiettivo il 38% nel 2024, quindi neppure la metà. Sul terzo aspetto, invece, la situazione è decisamente migliore: l’84% della rete attuale sopporta un peso assiale in categoria D4 (22,5 tonnellate per asse) e si arriverà alla totalità delle linee già nel 2024.
A questo punto il Piano entra nei dettagli con una trentina di schede che condensano in modo puntiglioso e con precise scadenze temporali tutti gli interventi in atto o programmati a servizio di scali merci, terminal e porti per accrescere la capacità, le prestazioni o la regolarità dell’esercizio. Infine, il Piano parla di ottimizzazione della gestione e di nuovi criteri di progettazione dell’orario dei treni merci, così come si prevede la stipula di nuovi accordi quadro con imprese ferroviarie e terminalisti, alla luce del fatto che la quota dei volumi trasportati dall’ex monopolista, vale a dire il gruppo Fs, è scesa dal 92% del 2006 al 48% del 2019, pertanto sono le diverse imprese, italiane o europee, a guidare la crescita del mercato. E per questo vanno assecondate.
Piermario Curti Sacchi