Per il traforo ferroviario del Frejus il 17 settembre 2021 è stato il giorno del centocinquantesimo compleanno. Quella tra Bardonecchia e Modane è stata la prima galleria a essere scavata sotto le Alpi, una sfida costruttiva al limite della temerarietà per le conoscenze e le dotazioni tecnologiche di un secolo e mezzo fa. Ma se allora la linea ferroviaria tra Torino e Lione poteva essere considerata all’avanguardia, oggi le severe rampe di accesso dalla val Susa e dalla Maurienne francese che raggiungono il 30 per mille rendono questo itinerario non più competitivo. Lo scenario non cambia anche se si considerano i lavori di riqualificazione svolti tra il 2003 e il 2011, oltretutto con pesanti ripercussioni sull’esercizio, per adeguare quanto più possibile la sagoma all’interno del traforo internazionale.
Con il senno di poi si è trattato di un investimento rilevante in termini economici, circa 380 milioni di euro, ma dai risultati alquanto discutibili. Per ottenere in galleria la sagoma con codifica P/C45, adatta quindi al transito dei container high cube, rispetto alla storica P/C32, si è reso indispensabile abbassare il piano del ferro, quindi con lo scavo in profondità dalla parte dell’arco rovescio della galleria. Ma l’esecuzione dei lavori non è stata eseguita in modo omogeneo.
Sul lato italiano per 6,7 km si è scavato un binario alla volta fino a 70 cm per ottenere una soletta utile ribassata di mezzo metro, asportando 60mila metri cubi di roccia. La Francia, invece, per risparmiare una ventina di milioni di euro, si è limitata a uno scavo di 40 cm, insufficiente per ottenere la sagoma P/C45. La soluzione adottata dalle ferrovie francesi è stata quindi quella di avvicinare tra loro i due binari di corsa, riducendo l’interasse degli stessi, ottenendo un’autorizzazione in deroga da parte di Rfi, responsabile della tratta italiana.
Ma una volta conclusi i lavori, in seguito a verifica, nel dicembre 2010 in una burrascosa riunione del Comitato tecnico italo-francese, al gestore della rete Rff è stato contestato il fatto che in più punti l’interasse fosse ben inferiore a quello stabilito come minimo tollerabile. Ne è seguita una nuova parziale chiusura al traffico del traforo per un ulteriore adeguamento del lato francese. Questa scelta ha comportato fin da subito una penalizzazione per l’esercizio, soprattutto in termini di sicurezza.
Le ulteriori disposizioni tecniche in materia di interoperabilità del 2014 hanno determinato il divieto di incrocio dei treni all’interno della galleria, pertanto la circolazione tra Bardonecchia e Modane avviene di fatto a binario unico, riducendo drasticamente le potenzialità del valico. Questo limite insieme all’acclività delle linee di accesso sia in Italia sia in Francia rendono il Frejus fuori mercato nel trasporto ferroviario delle merci.
Come se non bastasse, nonostante i lavori effettuati in otto anni, non è stato possibile raggiungere la sagoma massima P/C80, l’unica che consentirebbe il transito di tutti i trasporti intermodali senza limiti. E inoltre la galleria non ha vie di fuga né per l’evacuazione, né per portare soccorso. Il Frejus compie 150 anni e li dimostra tutti.
Piermario Curti Sacchi