La Cina, in seguito al conflitto in corso tra Russia e Ucraina, è ricorsa a tutta la sua abilità diplomatica per apparire vicina a Mosca, contraria alle sanzioni internazionali, ma anche equidistante e attenta a non scontarsi con l’Occidente per non rischiare l’isolamento politico e incorrere in possibili ritorsioni commerciali. Ma sotto traccia, e nei fatti concreti, si sta muovendo in una direzione che non è proprio quella di Mosca. È vero che Pechino ha aumentato gli acquisti di petrolio russo, e questo non tanto per sostenere il Paese vicino ma solo perché è diventato molto conveniente, ma negli affari l’attenzione è rivolta in altre direzioni.
Uno studio dell’Università Fudan di Shanghai pubblicato dal Financial Times rivela che nei primi sei mesi del 2022 gli investimenti cinesi riferiti alla Belt and Road Initiative (la Nuova Via della Seta) si sono praticamente azzerati nei territori della Federazione russa. Ricordiamo che tra il 2014 e il 2021 sulla Via della seta che passa da Mosca, la Cina aveva investito qualcosa come 45 miliardi di dollari (il cambio dollaro/euro è praticamente equivalente), in media sei miliardi di dollari l’anno. Poi il rubinetto di denaro si è chiuso. Pandemia a parte, Pechino però non ha rinunciato a impegnare risorse, ma lo ha fatto a favore di altre aree geografiche, con uno sguardo attento al Medio Oriente e alle alternative al corridoio del nord. Così, nel 2021 l’Iraq ha beneficiato di investimenti cinesi per 10,5 miliardi di dollari, mentre nel primo semestre del 2022 all’Arabia Saudita sono andati 5,5 miliardi di dollari.
L’iniziativa Belt and Road era stata lanciata dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013 e gradualmente ha coinvolto direttamente o indirettamente quasi 150 Paesi o regioni geografiche distribuite un po’ in tutto il mondo. Pechino si è impegnata in finanziamenti che potrebbero alla fine sfiorare i mille miliardi di dollari, tra costruzione di infrastrutture e investimenti di altra natura. Il programma prosegue tuttora anche se la congiuntura internazionale ha suggerito una più accorta gestione delle risorse.
Resta il fatto, comunque che non un centesimo in più è stato speso nella Federazione russa, anche se l’amicizia tra Mosca e Pechino all’apparenza resta solida e non viene messa in discussione, ma gli affari sono affari. E nel frattempo cresce l’interscambio tra Cina ed Europa con trasporti ferro-marittimi, guarda caso, attraverso Middle Corridor ( Corridoio di mezzo).
Piermario Curti Sacchi