Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’opportunità da cogliere al volo oppure può rivelarsi una palla al piede e quindi trasformarsi in un’illusione? Questa domanda se la pongono in questo momento amministratori e operatori economici di Trento. Al centro del dibattito e dell’attenzione c’è la circonvallazione ferroviaria di Trento-Rovereto, prevista pressoché esclusivamente a servizio dei treni merci, parte integrante della linea di accesso al tunnel di base lungo il corridoio del Brennero e opera inserita tra quelle espressamente citate dal Pnrr.
Per il Trentino, quindi, il Piano potrebbe essere salutato con soddisfazione, anzi con una punta d’orgoglio, in quanto delle tre varianti prioritarie della Verona-Brennero, previste e non ancora finanziate, il Pnrr contempla solo quella del capoluogo trentino, mentre non spende una parola per quelle di Bolzano e di Verona (la quarta, la Fortezza-Ponte Gardena è ormai appaltata). Oltretutto il Piano non prevede nessun altro intervento sui valichi ferroviari alpini (scelta contestata da più parti) e di fatto quindi fa quasi un’eccezione solo a favore di Trento.
Gli investimenti che riguardano il capoluogo trentino in realtà si dividono in due parti, la circonvallazione ferroviaria e l’interramento della linea esistente in ambito cittadino. Solo il primo intervento è strettamente connesso con il corridoio del Brennero e inserito nel Pnrr, mentre l’altro rientra nelle scelte di riqualificazione urbanistica. Dove sta dunque il contendere? Sui tempi di realizzazione e sulla loro compatibilità con il Pnrr.
Il regolamento del Recovery Plan finanzia con fondi europei opere che dovranno essere terminate entro il giugno 2026, in caso contrario si rischia anche la restituzione dei fondi stanziati. Partiamo dalla considerazione che la circonvallazione di Trento-Rovereto si trova nella fase di progetto preliminare e si prevede di completare le attività di revisione progettuale secondo un accordo tra Rfi ed enti locali entro l’estate 2021. Anche nell’ipotesi che all’opera sovrintenda un commissario straordinario con poteri in deroga e quindi con tempi di approvazione ridotti, difficilmente si può arrivare alla fase operativa, quindi ai cantieri, prima del 2023.
Il progetto contempla lo scavo di una trentina di km di gallerie a doppia canna, anche se è possibile realizzare l’opera per fasi. Sono sufficienti tre anni per concludere i lavori? La risposta, ragionevolmente, non può essere affermativa. E lo si legge anche in un cronoprogramma indicato in tempi non sospetti dall’assessorato competente del comune di Trento dove si ipotizzava che la circonvallazione potrebbe essere completata non prima del 2030/2031.
Viste le norme attuali, si tratta di tempi assolutamente incompatibili con il Pnrr e quindi c’è da chiedersi se lo strumento del Recovery Plan sia adatto per la realizzazione di un’opera di questa portata, essenziale per potenziare il corridoio ferroviario del Brennero.
Se lo sono chiesti anche amministratori e operatori economici a Trento, esprimendo giudizi preoccupati, a tal punto che l’assessore comunale alla Transizione ecologica Ezio Facchin è dovuto intervenire con una nota ospitata il 30 giugno 2021 dal Corriere del Trentino. L’assessore, ex dirigente tecnico di alto livello del gruppo Fs e fino al 2010 amministratore di Bbt, la società europea incaricata della realizzazione del tunnel di base del Brennero, ammette che si tratta di una sfida coraggiosa e cita come modello virtuoso la ricostruzione del ponte di Genova. Peccato che quelle condizioni, eccezionali da tutti i punti di vista, non sono replicabili sotto il Buonconsiglio.
Piermario Curti Sacchi