Le ferrovie italiane detengono un primato a livello continentale, quello di aver adottato per prime su una linea ferroviaria il nuovo sistema di segnalamento europeo Ertms/Etcs. Era il 2005 quando venne aperta all’esercizio la Roma-Napoli ad alta velocità e fu una scelta coraggiosa quella di affidarsi alla nuova tecnologia senza mantenere, neppure per precauzione, il doppio segnalamento. Allora, si disse, la nuova strada era stata tracciata, e quello italiano rappresentava un modello concreto esportabile in tutta Europa.
A distanza di quasi vent’anni però molte aspettative sono andate deluse e non tanto per i ritardi nell’aggiornare la rete ferroviaria europea, quanto per il fatto che a dispetto delle premesse, molte amministrazioni ferroviarie europee sono andate in ordine sparso. Sembra un paradosso, ma una tecnologia scelta proprio con lo scopo di superare le differenze nazionali e favorire in concreto l’interoperabilità ferroviaria europea, abbia dato vita non a un unico linguaggio, ma a parlate se non addirittura a dialetti diversi.
L’Ertms come sistema unico europeo resta ancora un obiettivo tutt’altro che raggiunto. La situazione è disarmante, come è emerso anche in occasione del Forum Mercintreno tenutosi a Roma il 25 ottobre 2023, in un’ampia analisi proposta da Alberto Lacchini, direttore generale per l’Italia e il Sud Europa di Railpool, la società tedesca di gestione delle flotte ferroviarie.
Attualmente in Europa sono stati adottati quattro livelli diversi di Etcs, tre linee guida (Baseline) e oltre un centinaio di diverse compatibilità di sistema (Esc). Bastano questi dati per far comprendere come di fatto non esista un unico standard di segnalamento continentale. Per esempio, la Svizzera e il Belgio hanno adottato l’Etcs L1 (level 1, che mantiene i segnali tradizionali), costringendo l’Italia a seguire questa strada sui valichi di confine con la Confederazione elvetica. Altri paesi europei, tra cui anche l’Italia (per prima con la Roma-Napoli), hanno scelto fin da subito lo standard di livello 2. Ma se all’inizio si è adottata quella che viene definita Baseline 2, poco dopo è stata implementata la Baseline 3 con le sue ulteriori evoluzioni fino alla 3.6.
Come si può comprendere, alla base di questo aggiornamento disordinato, c’è la mancanza di un’unica vera regia a livello europeo che faccia da coordinamento e imponga standard uguali per tutti. Ma attenzione, perché non stiamo parlando di un software che si può aggiornare facilmente come le app del cellulare, ma di sistemi di bordo che hanno costi di installazione non irrilevanti.
L’acquisto di una nuova locomotiva interoperabile, come quelle delle flotte merci, attualmente comporta un investimento tra i quattro e i sei milioni di euro, a questo costo bisogna aggiungere tra i 300mila e i 600mila euro per gli aggiornamenti Etcs. E ogni qualvolta cambia una compatibilità di sistema, sono ulteriori costi da mettere in conto, oneri che alla fine incidono negativamente sulla competitività del trasporto ferroviario merci, perché costringono le imprese ferroviarie a scaricare gli investimenti sui clienti, in quanto i bonus europei o nazionali sono del tutto insufficienti. Anche perché non ci sono alternative, in quanto una locomotiva equipaggiata all’origine con un determinato standard, resta di fatto inutilizzabile su un itinerario dove è presente un livello diverso di Etcs o l’evoluzione successiva di una Baseline.
Piermario Curti Sacchi