Mentre il ministro dei Trasporti ogni giorno annuncia investimenti miliardari per le ferrovie e taglia nastri nei cantieri, chi i binari li usa sta soffrendo una grave crisi e subisce riduzioni dei contributi per una manciata di milioni. Questo è il quadro che emerge dalla conferenza stampa tenuta da Fermerci il 2 ottobre 2024, nella quale il presidente, Clemente Carta, ha delineato un panorama negativo della situazione del settore e ha denunciato il taglio di alcuni fondi già deliberati.
Per quanto riguarda l'analisi della situazione attuale, Carta ha elencato gli ostacoli che si trovano sulla via dei treni merci. Alcuni sono infrastrutturali, come le interruzioni causate dalle alluvioni (in primo piano le due dell’Emilia-Romagna del 2023 e 2024), dalle frane (ferrovia del Frejus), dagli incidenti (ferrovia del Gottardo) e dai cantieri per l’ammodernamento della rete nati dal Pnrr (che coinvolge quasi la metà delle linee ferroviarie). Ma ci sono anche fenomeni esterni che colpiscono il trasporto ferroviario delle merci, come la crisi del Mar Rosso, che ha ridotto il traffico nei porti italiani, la guerra in Ucraina e il calo della produzione industriale.
“Questa situazione sta mettendo sotto pressione l'intero comparto”, spiega il presidente di Fermerci. “Nel 2023, il settore ha registrato un calo del 3,2% rispetto all'anno precedente e le previsioni per il 2024 indicano una perdita ulteriore del 6,7%, con un impatto economico stimato in 90 milioni di euro di perdita di fatturato per intero settore. Questi dati allarmanti proiettano scenari simili per i successivi due anni, mettendo a rischio non solo le imprese ma anche i 15mila lavoratori impiegati nel settore”.
Da agosto, Fermerci ha inviato tre comunicazioni ai ministeri dei Trasporti e dell’Economia, illustrando questa situazione e chiedendo un incontro. Finora non ha ricevuto risposta. Viceversa, il Governo ha tagliato le già esigue risorse (rispetto all’autotrasporto) per il settore. Il caso più eclatante è quello del contributo per il rinnovo del parco. Sono 115 milioni stanziati nel 2021 e approvati dall’UE nel 2023, che nell’aprile del 2024 sono stati ridotti di 50 milioni dal Governo italiano nell’ambito del Decreto Pnrr. Un’azione di Fermerci li aveva ripristinati, ma il Decreto Omnibus (convertito dal Senato) prevede una riduzione di 55 milioni.
Carta sottolinea che grazie a quel contributo (denominato Loco e Carri) le imprese ferroviarie hanno ordinato 196 locomotori, con un investimento di 700 milioni di euro, che alla fine del 2024 dovrebbe raggiungere il miliardo. “Questo scenario rappresenta la classica situazione d’incertezza delle regole nel nostro Paese”, afferma l’associazione. “Nel corso del perfezionamento del procedimento amministrativo, i destinatari degli effetti della norma hanno subito una modifica al quadro legislativo di riferimento. Questo caso è la tipica lesione di una legittima aspettativa delle imprese verso la pubblica amministrazione”.
Un altro caso è il contributo al trasporto combinato strada-rotaia, il cosiddetto ferrobonus. L’importo di 22 milioni per l’ultimo triennio è lo stesso stanziato nel 2011, quindi non c’è stato neppure un adeguamento all’inflazione. È una misura che funziona, come dimostrano le ottanta richieste giunte. Non solo: le imprese che hanno ottenuto il contributo per il 2023 non hanno ricevuto i fondi, che forse arriveranno tra la fine del 2024 e il 2025.
A fronte di questa situazione definita da Carta drammatica, Fermerci ha preparato un pacchetto di richieste che intende presentare al Governo, riunite sotto la denominazione di Fondo Complementare, che dovrebbero sostenere il settore almeno fino al 2027, impedendo la chiusura di aziende. La prima misura è l’aumento annuale di 20 milioni per la cosiddetta Norma Merci, ossia quella che compensa parzialmente la differenza dei costi di produzione del servizio ferroviario rispetto ad altre modalità di trasporto.
Altri venti milioni all’anno, dal 2024 al 2026, dovrebbero aumentare il ferrobonus. Lo stanziamento attuale si ferma al 2026 e Fermerci ne chiede l’estensione anche al 2027, già approvata dalla Commissione Europea. L’associazione chiede anche maggiore rapidità nel pagamento del contributo alle imprese che ne hanno diritto. Un elemento ritenuto positivo è l’adozione del ferrobonus regionale da parte di diverse Regioni (ultima delle quali la Lombardia).
Per quanto riguarda l’ultimo miglio nei porti, le compagnie ferroviarie chiedono che sia concesso alle Autorità di Sistema Portuale – almeno fino al completamente dei lavori del Pnrr – di stanziare propri contributi (anche di valore ridotto) per chi svolge attività ferroviarie all’interno dei porti. Una proposta che, secondo Fermerci, non comporta oneri per l’amministrazione centrale dello Stato.
Un’altra richiesta è evitare il taglio al contributo per il rinnovo del parco. Sempre per quanto lo riguarda, Fermerci chiede un sostegno pluriennale per coprire i costi che le compagnie dovranno sostenere per adeguare i locomotori al sistema Ertms. In Italia sono 758 macchine, con una spesa fino a 300mila euro per ciascuna, con la possibilità di adeguarne al massimo 150 l’anno.
Un altro tema importante è la formazione dei macchinisti, in un periodo di carenza di personale che colpisce anche le ferrovie. Oggi, sostiene Fermerci, il settore ferroviario è l’unico nell’ambito della logistica che non ricevere alcun contributo per questa voce. Fermerci rileva che “il trasporto ferroviario merci rappresenta la porta di ingresso nel mercato del lavoro per il 96% degli allievi che frequenta i corsi di formazione ferroviaria”. Un sostegno stabile, che l’associazione quantifica in un milione di euro l’anno, “permetterebbe di contrastare il fenomeno della disoccupazione e consentirebbe al settore della logistica ferroviaria merci di fronteggiare il turnover già in corso”.
Fermerci precisa che questo pacchetto non riuscirebbe comunque a pareggiare le perdite previste per le compagnie ferroviarie italiane, stimate in novanta milioni di euro, a fronte dei 42 complessivamente chiesti. Le rivendicazioni di questo comparto – che compreso l’indotto interessa circa 40mila persone – si scontrano però con l’ostacolo di non rappresentare un rilevante bacino elettorale per la politica. Inoltre, le compagnie ferroviarie possono neppure minacciare fermi dell’attività (e neppure vogliono, precisa Fermerci). La questione si basa quindi sulla consapevolezza da parte del Governo che non ha senso costruire binari, gallerie e fantastici ponti se poi non ci saranno treni a percorrerli.