A dispetto del fatto che tutti ne parlano e tutti ne auspicano al più presto l’adozione, per il gancio automatico digitale sembra di assistere al gioco dell’oca: quando il traguardo appare vicino, si torna alla casella di partenza. Sono state molteplici le occasioni in cui sono stati presentati vari prototipi di Dac (dall’inglese Digital Automatic Coupling, come viene universalmente identificato) ormai giunti a livello di preserie, messi a punto anche nell’ambito di un programma comunitario indirizzato allo sviluppo dell’accoppiamento automatico digitale in ferrovia.
Il Dac è stato il protagonista indiscusso del forum Digital Rail 2022 ai primi di novembre 2022 a Londra, così come in un convegno il 23 novembre a Bratislava in Slovacchia, alla presenza dei principali rappresentanti delle compagnie ferroviarie europee aderenti al progetto comunitario Dac4Eu. Anche in quest’ultima occasione il Dac è stato presentato come la più importante svolta tecnologica a favore del trasporto ferroviario delle merci, ma di fatto passi avanti significativi non ne sono stati fatti, anzi sono più le perplessità che le certezze.
Proseguono i test operativi in corso da parte di alcune imprese ferroviarie nell’ambito del progetto comunitario, ma la conclusione di questa fase essenziale per arrivare a una proposta condivisa slitta di mese in mese. L’obiettivo fissato inizialmente era quello di chiudere la fase sperimentale entro dicembre 2022, ora si parla di prendersi ancora un po’ di tempo per arrivare a una decisione definitiva ma non prima del 2024.
Il nodo da sciogliere è duplice. Prima di tutto c’è da scegliere la soluzione tecnica che possa diventare uno standard per tutte le ferrovie europee, dall’altro c’è da svolgere un’attenta verifica per stabilire quanti carri dell’attuale parco circolante europeo e di che tipologia sono idonei all’installazione del Dac, con un’operazione di retrofit, e quanti invece andrebbero scartati. Inoltre vanno valutati i costi, mentre un’analoga stima andrebbe poi fatta anche per i mezzi di trazione, sia per quelli di linea sia soprattutto per i locomotori da manovra in scali e terminal.
Nel frattempo in questi ultimi anni sono stati effettuati centinaia di test pratici del Dac su diversi tipi di carri sia dal punto di vista meccanico, sia per valutare gli accoppiamenti elettrici e digitali, anche in condizioni climatiche estreme. Tra le protagoniste indiscusse nella sperimentazione ci sono le ferrovie tedesche DB che più di altre imprese credono nella svolta tecnologica.
I risultati sono assolutamente confortanti dal punto di vista della resistenza meccanica, vale a dire come robustezza e validità degli accoppiamenti, mentre alcune falle sono state riscontrate in circostanze particolari, per esempio dove sono presenti lavorazioni molto polverose, come lo sono le miniere o i cementifici. In questo caso a presentare limiti è stata la componente elettrica del dispositivo.
Resta poi da affrontare la sfida dei costi economici, tuttora da quantificare, e per i quali devono esser messi a punto dei programmi di finanziamento anche in ambito comunitario. Si stima un costo per ogni singolo dispositivo intorno ai 5mila euro che moltiplicato per i carri merci del parco europeo potenzialmente interessati all’aggiornamento (chiaramente con il doppio Dac per ogni carro) porta l’investimento complessivo a superare i 5 miliardi di euro, anche considerando i costi di adattamento e modifica in officina.
Piermario Curti Sacchi