Semplificare le procedure, velocizzare gli investimenti e sfruttare la corsia di sorpasso rappresentata dal Pnrr (e dalla sua dotazione finanziaria) per preparare il terreno del futuro Contratto di programma 2022-2026 di Rfi, il gestore della rete ferroviaria italiana. È questo, in sintesi, il significato del Documento strategico della mobilità ferroviaria di passeggeri e merci (Dsmf) messo a punto dal Mims (ex Trasporti) e trasmesso al parlamento il 30 dicembre 2021. Le commissioni parlamentari hanno trenta giorni di tempo per esprimere un parere, operazione tutt’altro che semplice non solo per la mole degli approfondimenti richiesti (il Dsmf è composto da 118 pagine fitte di numeri e considerazioni), ma anche per la spinta di interessi locali che sicuramente sono destinati a emergere.
Il Documento è un’analisi a 360 gradi di tutte le iniziative da avviare concretamente per portare la modalità ferroviaria a rispettare gli impegni ambiziosi previsti a livello comunitario. Di carne al fuoco ce n’è parecchia, ma anche qualche omissione. Prima di tutto sono confermati e incrementati gli investimenti sugli assi fondamentali con le nuove linee in costruzione o programmate e il potenziamento di numerose relazioni, l’adeguamento tecnologico come il sistema di segnalamento a standard europeo Ertms-Etcs da estendere in via accelerata su tutta la rete nazionale.
Per quanto riguarda in modo particolare il trasporto ferroviario merci sono individuati quattro strumenti già in atto ma da potenziare. Il primo è l’aggiornamento infrastrutturale della rete e delle connessioni dell’ultimo miglio che riguardano anche i porti. In questo modo si vuole arrivare a garantire in modo diffuso lo standard per i treni merci dal punto di vista della sagoma senza limiti per i trasporti intermodali, della massa trainabile e della lunghezza dei convogli. Il secondo è il rafforzamento dei corridoi merci per migliorare la competitività del trasporto internazionale con soluzioni armonizzate a livello europeo. Il terzo strumento è la semplificazione di norme e procedure che riguardano la manovra (gestore unico di manovra), la digitalizzazione dei documenti, la creazione di “corridoi veloci” ferroviari e intermodali. E per ultimo, va rafforzato il sistema degli incentivi per sostenere direttamente le imprese ferroviarie, la domanda, la formazione professionale e l’adeguamento del parco circolante, compreso il sostegno agli operatori per l’acquisto di casse mobili e semirimorchi intermodali.
Per quanto riguarda i transiti transfrontalieri si prende atto dell’impegno dell’Europa per potenziare e velocizzare i progetti sui corridoi Ten-T (allargati in Italia all’intera dorsale adriatica). Rfi ha identificato poco meno di 500 interventi sui quattro corridoi che interessano il territorio italiano, per una stima di investimenti infrastrutturali di poco superiori ai 150 miliardi di euro (per buona parte da stanziare) con orizzonte il 2030. Tra i principali progetti ci sono il tunnel del Brennero con le linee di accesso e la nuova Torino-Lione con il tunnel del Moncenisio.
Ma anche questa volta, al di là di pur validi impegni di potenziamento e aggiornamento delle linee esistenti, grande assente è la pianificazione di nuove infrastrutture ad alta capacità di connessione con le ferrovie transalpine in Svizzera, vale a dire nuove linee merci con il Gottardo, con il corridoio di Luino, con il Sempione. La Svizzera su questi itinerari ha investito oltre 20 miliardi di euro e non ha mai nascosto in diverse occasioni (ultima il convegno Un Mare di Svizzera nel novembre 2021 a Lugano) il suo rammarico per i ritardi sia da parte dell’Italia sia della Germania.
Piermario Curti Sacchi