Il disco verde per la partenza c’era stato nel 2011, ma dopo un avvio in tono minore e con una veste quasi sperimentale, il servizio era stato sospeso dopo aver messo insieme una manciata di corse. Questa battuta d’arresto non è stata determinata dalla scarsa domanda, ma forse perché i tempi non erano ancora maturi. Ma ora nel 2022, e questa volta sul serio, dovrebbe ripartire l’ambizioso collegamento della ferrovia Trans-asiatica. Si tratta di una pedina essenziale nel mosaico della nuova Via della Seta, come alternativa ai collegamenti che interessano il nord Europa.
La ferrovia Islamabad-Teheran-Istanbul si snoda per poco più di 6500 chilometri coinvolgendo tre Paesi: 1990 chilometri in Pakistan, 2600 in Iran e 1950 in Turchia. Per ragioni geopolitiche questo itinerario evita di attraversare l’Afghanistan, le stesse ragioni geopolitiche che a distanza di una decina d’anni da quel 2011, hanno cambiato la realtà delle relazioni di quest’area geografica con la Cina. Tutti e tre i Paesi coinvolti hanno raggiunto accordi economici con il gigante cinese e questo fatto ha spianato la strada per la nuova ferrovia.
La trans-asiatica, che qualcuno ha provato a battezzare come l’Orient Express delle merci, ha le carte in regola per conquistare un suo spazio nelle relazioni tra la Cina e l’Europa. I treni percorrono l’itinerario tra Islamabad e Istanbul in dodici giorni, un tempo nettamente concorrenziale rispetto al viaggio via mare dai porti pakistani, come quello di Gwadar che ha conosciuto importanti investimenti, guarda caso cinesi. Del resto il Pakistan Economic Corridor è uno dei vari anelli inseriti nella catena che compone la Via della Seta.
Gli accordi commerciali tra i Paesi coinvolti hanno anche affrontato il tema dei controlli doganali e dei dazi all’interno del nuovo spazio commerciale: resterebbe ancora qualche ostacolo burocratico da superare, ma la strada è tracciata. Dalla Turchia, il corridoio trans-asiatico può collegarsi con le reti europee attraverso la ferrovia Marmaray di 76 chilometri che comprende il moderno tunnel sotto lo stretto del Bosforo. E questo è un motivo ulteriore per offrire ad Ankara un ruolo geopolitico sempre più di primo piano.
Piermario Curti Sacchi