Sul trasporto ferroviario merci, l’Europa sembra contraddire sé stessa. Quando si tratta di mettere nero su bianco il programma delle buone intenzioni, non mancano gli obiettivi ambiziosi, ma poi nella realtà pratica viene meno il coraggio della coerenza e si tende a rinviare nel tempo ogni decisione. È questo il caso del nuovo Regolamento sulla capacità dell’infrastruttura ferroviaria europea. Proposto dalla Commissione e approvato in prima lettura dal Parlamento a marzo 2024, è stato di fatto congelato dal Consiglio europeo facendo tornare la discussione alla casella di partenza. Il rischio ora è quello di riaprire il dibattito con un lungo processo di negoziazione tra le varie istituzioni comunitarie, spostando in avanti la sua attuazione almeno fino al 2029.
Questa situazione di stallo, giudicata pericolosa perché non offre un quadro certo per il futuro della ferrovia merci, è stata portata all’attenzione della discussione politica dagli operatori che si riconoscono in cinque associazioni di settore, rappresentative di tutti i portatori di interesse. La dichiarazione congiunta è stata siglata dall’Associazione europea spedizioni, trasporto, logistica e servizi doganali (Clecat), dall’Associazione europea del trasporto ferroviario merci (Erfa), dall’Associazione europea dei caricatori (Esc), dall’Unione europea dei detentori di carri (Uip) e dall’Unione internazionale per il trasporto combinato strada-rotaia (Uirr).
Le organizzazioni di settore mettono in luce la palese contraddizione dell’Europa: da una parte proclama in più occasioni di voler aumentare del 50% il traffico merci per ferrovia entro il 2030, dall’altra il Consiglio europeo sceglie un approccio al Regolamento che ne ritarda l’entrata in vigore fino al 2029, con alcune disposizioni che slitterebbero addirittura al 2032. Per la ferrovia questo significherebbe una scommessa persa.
Per comprendere la portata della nuova normativa, occorre partire da una fotografia della situazione esistente che vede l’infrastruttura ferroviaria gestita su base nazionale con scarso coordinamento a livello comunitario. Tutto questo rappresenta un grosso limite in quanto, secondo i dati raccolti dagli operatori, il 50% del trasporto ferroviario merci coinvolge almeno due Paesi confinanti, quota che sale al 90% nel caso dei trasporti intermodali.
La capacità della rete non può essere lasciata alla disponibilità del momento, ma va soddisfatta attraverso un quadro normativo coordinato a livello europeo, basato su una pianificazione a lungo termine in modo da definire e individuare percorsi transfrontalieri sicuri e affidabili. Oltretutto le imprese ferroviarie stanno attraversando momenti a dir poco critici per via dei cantieri lungo l’infrastruttura ferroviaria che comportano ritardi e cancellazioni “a causa di restrizioni di capacità mal pianificate e non coordinate”. Secondo gli operatori, questa situazione contingente richiede la massima attenzione, per dare stabilità e certezze al trasporto ferroviario merci, esattamente il contrario delle politiche del rinvio.
Piermario Curti Sacchi