Ora come ora, l’unico punto fermo è la previsione di un piano di investimenti decisamente rilevanti, pari a cinque miliardi di euro. Queste risorse saranno spese per adeguare, o meglio ricostruire per buona parte, la ferrovia Adriatica. Questa cifra è messa nero su bianco nei documenti di programmazione delle ferrovie. Tutto bene, salvo il fatto che la scelta di investire c’è tutta, ma per buona parte la casella dei progetti è ancora da riempire di contenuti e quindi di opere circostanziate e definite.
Tutto ha inizio con la seduta del 2 agosto 2022, quando il Cipess (Dipartimento per la politica economica) ha approvato il Contratto di programma di Rfi 2022-2026 che nella parte investimenti stanzia nuove risorse per interventi in corso o in previsione. Tra questi figura il piano da cinque miliardi di euro per la ferrovia Adriatica, con l’adeguamento secondo gli standard di alta velocità e alta capacità. Finora sono state investite molte risorse per elevare la velocità massima della linea attuale e ricavare un profilo del tracciato adatto ai trasporti intermodali, ma con questa pioggia di soldi si va oltre e si ipotizza nuovi interventi che non sono il semplice potenziamento della linea storica, ma uno sviluppo in variante, più o meno estesa.
Diciamo subito che alla base di questi interventi c’è l’esigenza di potenziare l’Adriatica come corridoio sempre più vocato al trasporto merci. Dopo gli interventi di adeguamento della sagoma è nata una vivace domanda di trasporti intermodali lungo l’intero itinerario da Bari a Bologna e quindi al nord Italia. Ma con alcuni limiti: l’attuale linea Adriatica per buona parte del tracciato attraversa i numerosi centri abitati presenti a fianco della costa, soluzione non propriamente ideale per un servizio merci caratterizzato da treni lunghi e pesanti secondo gli standard europei. Da qui l’esigenza di ripensare l’intero corridoio. C’è da chiedersi però con quali progetti.
Appare ormai certa l’ipotesi di realizzare una lunga variante di tracciato per eliminare la tratta costiera tra Pesaro e Fano, attraverso un bypass della lunghezza di 45 chilometri tra Cattolica e Marotta del valore indicativo di 1,8 miliardi di euro. Un’altra variante, più breve dovrebbe essere prevista a sud di Ancona tra Porto Recanati (oppure Osimo) e Civitanova e un ulteriore intervento tra Porto San Giorgio e Grottammare (oppure Porto d’Ascoli).
Ma qui entra in gioco anche la politica che alla valutazione tecnica e trasportistica antepone scelte dettate da altre opportunità locali, urbanistiche ed economiche. In primo piano ci sono le forze politiche e industriali delle Marche che chiedono interventi più incisivi nel loro territorio. Da qui la richiesta di inserire anche la tratta intermedia da Marotta ad Ancona per realizzare un’unica variante tra Cattolica e il capoluogo marchigiano che si allaccerebbe ai nuovi tracciati previsti a sud di Ancona, qualcosa come poco meno di duecento chilometri di nuova ferrovia. Tante idee e tante proposte, ma tutte da formalizzare.
Piermario Curti Sacchi