La sicurezza in ferrovia ha quasi del paradossale. A tenere bene accesi i riflettori è l’Ansfisa, l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali, un organismo indipendente che ha sempre svolto in modo così rigoroso il proprio lavoro da trovarsi talvolta al centro delle critiche degli operatori per le sue regole quasi ossessive e maniacali. Ne sanno qualcosa quelle amministrazioni ferroviarie, quasi tutte nell’Italia del centro-sud, che in assenza di sistemi di segnalamento evoluti sulla loro rete (come l’Scmt di Rfi) si sono viste imporre limitazioni di velocità draconiane. Lo stesso è accaduto per quelle linee dove esistono tuttora (anche se in rapida eliminazione) i passaggi a livello privati, non dotati di sistemi di sicurezza, dove vengono imposte drastiche riduzioni di velocità, quasi fossero da attraversare a passo d’uomo. Ebbene, nonostante sulla carta le regole siano molto rigorose, molto sfugge dalle maglie di regolamenti e circolari.
Lo svio del 20 aprile 2023 a Firenze che ha spezzato l’Italia ferroviaria in due è proprio la dimostrazione di come la realtà sia molto più complessa delle regole scritte. E questo per svariate ragioni, sia tecniche sia procedurali. Analizzando il fatto di Firenze emergono da subito un paio di considerazioni. La prima è infrastrutturale: avere un unico corridoio sul quale converge tutto il traffico, è potenzialmente una soluzione non priva di pericoli, perché non ci si può appoggiare su itinerari alternativi, come insegna, tanto per fare un esempio, la lezione di Rastatt.
La seconda considerazione è legata a una scelta tecnica che è ampiamente diffusa, non solo in casa Rfi ma anche in molte altre reti ferroviarie europee: l’uso di portali che sorreggono congiuntamente tutte le linee elettriche di alimentazione dei diversi binari interessati. A Firenze Castello i binari di corsa sono sei e il carro merci sviato abbattendo anche una parte dei portali ha strappato per un lungo tratto la linea elettrica di tutto il fascio binari. Sarebbe stato diverso se i binari fossero stati alimentati a due a due.
L’incidente di Firenze, come quello ben più drammatico di Viareggio del 2009, hanno coinvolto treni merci, ma soprattutto hanno messo in luce la dispersione di competenze e di responsabilità sulla manutenzione dei carri ferroviari. A Firenze, l’impresa coinvolta con il treno intermodale Nola-Milano Segrate, la Gts Rail, ha puntualizzato che il carro sviato non era di sua proprietà. E questo apre una finestra su una realtà molto variegata, perché la proprietà dei carri è frammentata e quindi revisioni e controlli vengono eseguiti da soggetti ed enti diversi, probabilmente con metodologie e tecniche non uniformi, anche se formalmente corrette e certificate.
È su questa realtà quotidiana che la severa attenzione di Ansfisa può fare ben poco. Leggendo il resoconto del 2022, l’Agenzia ha condotto 142 attività ispettive. I controlli sulle imprese ferroviarie sono stati 124, di cui 94 attività di monitoraggio sul campo, quattro svolte da remoto e 26 ispezioni specifiche. Le ispezioni sul campo hanno prodotto la verifica di 830 treni, 38 imprese ferroviarie e 6870 singoli elementi. I controlli sui gestori dell’infrastruttura sono stati 18, di cui sei attività di monitoraggio sulla terminalizzazione di merci pericolose, cinque visite in linea in cabina di guida, oltre a svariate altre indagini. Sulla carta è tutto ineccepibile, fino a che si fanno i conti con l’esercizio ferroviario quotidiano.
Piermario Curti Sacchi