Alla fine, a quanto pare, l’ha spuntata Rfi. Il gestore della rete ferroviaria nazionale abbandonerà il servizio di manovra nelle stazioni di confine. L’Autorità di Regolazione dei Trasporti (Art) con la delibera 91/2020 ha approvato in modo notarile, semplicemente prendendone atto, la relazione presentata da Rete Ferroviaria Italiana con la quale si chiedeva di dismettere il servizio di manovra praticamente in tutte le stazioni di confine, considerando che l’unica non ricompresa nell’elenco è quella di Ventimiglia, mentre Modane e Chiasso non sono in territorio italiano. A essere coinvolte sono Domo II sulla linea del Sempione, Brennero, Tarvisio Boscoverde lungo la ferrovia Pontebbana verso l’Austria e Villa Opicina, al confine con la Slovenia. La delibera di Rfi lascia libere tutte le imprese ferroviarie (a parte Mercitalia Rail che appartiene allo stesso gruppo) di prestare il servizio in proprio o attraverso una collaborazione reciproca. In pratica il suggerimento, imposto, è quello di arrangiarsi.
La proposta di Rfi era stata presentata ad Art nel novembre 2019 e posta in consultazione con le altre imprese ferroviarie, anche perché su indicazione dell’Autorità era stato istituito un Tavolo di lavoro per discutere e proporre soluzioni operative. Molte imprese si sono espresse per il mantenimento del servizio al confine da parte di Rfi in quanto utilizzano tuttora locomotive monotensione e quindi non interoperabili per le quali si rende indispensabile ricorrere alla manovra. Nonostante queste indicazioni, Art ha dato il via libera a Rfi per abbandonare l’attività che avverrà già a dicembre 2020 nelle stazioni di Domo II e Villa Opicina e da dicembre 2021 anche al Brennero e a Tarvisio Boscoverde.
Scontata, se vogliamo, la replica da parte di FerCargo, il forum che con 18 associate rappresenta le imprese ferroviarie del trasporto merci indipendenti dal gruppo Ferrovie dello Stato, associazione che comunque ha sempre assunto una posizione costruttiva e di dialogo. “Continuiamo a essere convinti che il problema vada affrontato con attenzione, ma ci sembra che la scelta adottata non sia condivisibile”, afferma il presidente Luigi Legnani. “Comprendiamo come la decisione da parte di Rfi nasca da esigenze di riduzione dei costi e di razionalizzazione, ma non è questo l’approccio corretto perché Rfi resta un’azienda pubblica tenuta a prestare un servizio che può essere più o meno conveniente”.
Per FerCargo il servizio dovrebbe essere garantito anche se razionalizzato, per esempio adottando soluzioni tecniche adeguate come le linee aeree commutabili tra i diversi tipi di tensione, in modo da ridurre i costi di manovra (non serve più il locomotore “di lancio” e il gestore della rete deve solo governare il cambio elettrico). Un investimento di questo tipo sui quattro impianti coinvolti avrebbe un costo di fatto irrilevante all’interno del bilancio economico di Rfi. Ma questo caso specifico apre un dibattito più ampio sulle infrastrutture e sul servizio ferroviario. “L’attenzione è concentrata sempre sui grandi corridoi”, osserva Legnani, “ma poi ci si dimentica che la chiave del servizio è legata ai raccordi con i porti, con i terminali merci, con gli scali che spesso mancano o sono carenti”. È dall’ultimo miglio (last mile) che si costruisce l’alta capacità di rete.
Piermario Curti Sacchi