Essere i primi della classe non porta sempre e solo vantaggi, anzi si rischia di finire troppo avanti rispetto agli altri e quindi di trovarsi in una condizione sfavorevole. Questo è il prezzo che rischiano di pagare le imprese ferroviarie italiane, soprattutto merci, impegnate economicamente nell’adottare e installare il sistema di segnalamento a standard europeo Ertms/Etcs su tutta la flotta dei propri mezzi di trazione.
Rfi, il gestore della rete ferroviaria nazionale, ha deciso di varare un piano accelerato per sostituire il sistema nazionale Scmt con lo standard europeo insieme a una veloce dismissione delle tecnologie attuali, mentre in precedenza era stata prevista l’ipotesi che i due sistemi potessero convivere per un certo periodo di tempo, spalmando quindi gli investimenti in modo più compatibile con le politiche di gestione delle imprese ferroviarie.
L’adozione accelerata dello standard europeo offre indubbiamente un vantaggio a Rfi, perché a fronte di un maggiore investimento iniziale, si favorisce la riduzione dei costi di gestione della rete nel momento in cui tutti i segnali di linea saranno spenti e quindi dismessi con i relativi collegamenti elettrici. L’Italia da questo punto di vista si troverà a essere la prima della classe in Europa in quanto è l’unico paese che ha deciso di spingere l’acceleratore verso le nuove tecnologie.
Nessun’altra amministrazione ferroviaria europea ha imboccato questa strada in modo estensivo, limitandosi in un primo momento a interventi su singole linee o itinerari. Per le imprese ferroviarie italiane, e in particolare per quelle che operano sui mercati europei, ci sarà dunque un vantaggio solo apparente, perché oltre a sostenere le spese per l’adozione dello standard Ertms, dovranno mantenere e manutenere i sistemi locali validi nei Paesi dove prestano servizio.
In occasione dell’edizione 2022 del Forum Mercintreno c’è stato un vivace scambio di opinioni su questo tema che ha visto in un certo senso contrapporsi le imprese ferroviarie, compresa Mercitalia Rail, con il gestore della rete. Per favorire economicamente l’aggiornamento dei treni e dei mezzi di trazione è stato varato un piano nazionale di sostegno a beneficio delle imprese ferroviarie interessate con uno stanziamento complessivo di 300 milioni di euro.
Ma secondo gli operatori l’aumento del costo dei materiali e la difficoltà a reperire i componenti necessari, ha portato a un incremento di spesa significativo, a tal punto che il piano di sostegno copre solo un terzo dei costi che le imprese ferroviarie devono sostenere. Anche secondo Rfi, nell’analisi proposta da Fabio Senesi, responsabile del programma nazionale Ertms, sarebbero necessari ulteriori 400 milioni di euro per completare l’attrezzaggio di tutto il parco trazione.
Nonostante questi limiti oggettivi, il cronoprogramma di Rfi prevede tappe forzate verso la progressiva estensione del sistema, addirittura anticipando i tempi rispetto a quanto prevedono le direttive europee. L’Unione europea chiede che i sottosistemi di terra dell’Ertms siano installati su tutta rete Ten-T comunitaria e sui corridoi principali entro il 2030, mentre sul resto delle linee “comprehensive” entro il 2050.
Rfi in base all’ultimo piano predisposto intende dismettere il sistema nazionale Scmt già a partire dal 2023 (senza sovrapposizioni temporanee tra i due standard), a mano a mano che l’Ertms andrà a equipaggiare le linee. Sarà una bella sfida per le imprese ferroviarie, soprattutto merci.
Piermario Curti Sacchi