Le merci non si trasferiranno sul treno perché la ferrovia è green, ma solo se il trasporto su rotaia riuscirà a essere realmente competitivo. E per acquisire terreno le azioni da compiere devono spaziare dagli investimenti sull’infrastruttura, all’innovazione, dalla logica di filiera, alla stretta collaborazione tra tutto il comparto. Gli aspetti critici non mancano come l’attuale carenza di macchinisti oppure l’esigenza di incentivi strutturali, in quanto il Ferrobonus che pure è una buona base di partenza, è rimasto finora una misura troppo estemporanea.
Sull’infrastruttura la strada è tracciata e grazie al Pnrr sarà possibile disporre di maggiori risorse, come ha ricordato Vera Fiorani, amministratrice delegata di Rfi in occasione dell’incontro Mercintreno 2021. Ma qualcosa resterà indietro. L’adeguamento di linee e gallerie per i trasporti intermodali senza limiti di sagoma sarà per buona parte completato entro il 2024, mentre la configurazione dei binari di incrocio secondo il modulo 750 metri segna il passo per la complessità della fase autorizzativa e l’orizzonte si allontana.
Ma è sull’innovazione tecnologica che si gioca buona parte del futuro della ferrovia merci, come ha dettagliatamente illustrato Guido Gazzola, vicepresidente Assoferr e Conftrasporto. Questa deve essere indirizzata sia sull’infrastruttura, sia sul materiale rotabile. Tra gli interventi in corso e da sostenere c’è sicuramente l’adozione del progetto Easy Rail Freight da parte di Rfi in collaborazione con tutti gli operatori per la semplificazione, la digitalizzazione e una maggiore efficienza dell’intero sistema.
Ma ci sono altre opportunità che non vengono perseguite per ragioni non sempre giustificate, come l’uso di portali diagnostici che consentirebbero l’individuazione di anomalie sui carri merci in modo predittivo. I dati comunicati in tempo reale al gestore dell’infrastruttura e all’impresa ferroviaria consentirebbero di fermare i carri prima che questi abbiano problemi tecnici aumentando la sicurezza, ma anche la competitività del sistema, a costi accettabili e di fatto recuperabili.
Un altro vasto campo di intervento è quello rappresentato dall’automazione e dalla digitalizzazione dei carri merci. La base è stata posta con il recente accordo per uno standard europeo sull’aggancio automatico Dac (Digital automatic coupling), ma ora occorre fare il passo successivo per l’effettiva implementazione del sistema. Per favorire questa svolta sarebbe utile ricorrere alle misure del Recovery Fund europeo in quanto si stima che l’intervento di aggiornamento dei carri merci in Europa possa interessare fino a 500mila unità con un costo che potrebbe raggiungere i 5 miliardi di euro. Ma i vantaggi sarebbero notevoli: tempi di composizione dei treni ridotti, autodiagnostica di sicurezza, possibilità di automazione nei processi di carico e scarico delle merci.
Piermario Curti Sacchi