Non occorre guardare al passato magari con nostalgia, ma trarre indicazioni dalle esperienze meno recenti per ripensare in chiave attuale il servizio ferroviario. Un tempo c’era quello che si chiamava traffico diffuso, sicuramente efficace e capillare, ma molto dispersivo in termini di costi e con scarsi volumi di merce trasportata. La realtà economica e la struttura logistica italiana richiedono però di trovare una formula integrativa rispetto al treno merci completo che oggi rappresenta la modalità principale. Se l’obiettivo è quello di incrementare i numeri dei trasporti su rotaia, occorre quindi ripensare e ripristinare il traffico ferroviario aggregato a livello nazionale.
L’invito è stato espresso da Andreas Nolte, presidente di Assoferr, l’associazione degli operatori ferroviari e intermodali in occasione della 12ᵃ edizione del Forum Mercintreno tenutasi a Roma il 14 ottobre 2020. Gli altri interventi prioritari per la ferrovia sono dotare di maggiori risorse il fondo per il ferrobonus (per farlo diventare strutturale), così come prevedere incentivi per la costruzione o il ripristino di raccordi ferroviari tra le Pmi e la rete nazionale, l’ultimo miglio. Gli incentivi al sistema ferroviario non rappresentano una distorsione in quanto alcuni studi hanno dimostrato come questi generano ritorni in termini di minori costi venti volte superiori e quindi anche con un vantaggio per la collettività.
Uno sguardo a 360 gradi che parte dagli investimenti per il trasporto su ferro previsti dai piani dell’Unione europea fino alla spinta del Recovery Plan in fase di elaborazione. Tra questi si possono ricordare il completamento dei corridoi e l’adeguamento a standard europei della rete interessata al traffico delle merci, il collegamento con i porti, l’adeguamento degli interporti e dei terminal per sfruttare al meglio il grande potenziale del trasporto intermodale e una attenta valorizzazione dei raccordi ferroviari.
Gli interventi infrastrutturali, che potremmo dire rappresentano l’hardware del sistema - come ha osservato Luigi Legnani, presidente dell’associazione delle imprese ferroviarie FerCargo - devono però essere accompagnati da una profonda innovazione di quello che si potrebbe considerare il software del sistema, ovvero un quadro regolatorio adeguato: “Senza questo sviluppo sinergico e temporalmente coerente tra gli interventi infrastrutturali e l’implementazione delle regole, non si avrà un impiego efficiente delle imponenti risorse investite e non si registreranno quei miglioramenti della competitività del settore da tutti auspicata”.
Ma resta il nodo della capacità di spesa, frenata da vincoli e burocrazia. L’Italia ha un piano di opere infrastrutturali già definito che impegna 200 miliardi di euro, di cui 131 già stanziati, ha analizzato Ennio Cascetta, amministratore di Rete Autostrade Mediterranee, ma con un passato ricco di incarichi istituzionali, “però, ha una vera crisi di capacità di spesa: avrebbe bisogno di spendere le risorse in dieci anni, invece per realizzare le opere oggi occorre un trentennio”.
Piermario Curti Sacchi