Il conflitto in corso in Ucraina sta provocando un danno collaterale i cui effetti sono sicuramente immediati, mentre resta del tutto aperta l’incognita sugli sviluppi futuri. Si tratta della Nuova Via della Seta, quell’insieme di rotte, in questo caso ferroviarie, che dalla Cina attraverso l’immenso continente russo raggiungono l’Europa occidentale. Le sanzioni economiche e le misure di politica internazionale hanno innalzato come un muro nei confronti di un corridoio transfrontaliero che ormai aveva la strada spianata e che aveva preso come simbolo la seta, una fibra più resistente dell’acciaio, ma spezzata dalla realtà della guerra.
Ma c’è un’alternativa per ristabilire pienamente le relazioni tra Cina ed Europa senza passare dalla Russia? È quanto si chiedono gli operatori che in pochi giorni hanno dovuto fare i conti con una realtà imprevista e imprevedibile. Sulla carta di ipotesi ce ne sono diverse, alcune costruite solo su itinerari terrestri mettendo insieme le due modalità, il treno e la gomma, altre che prevedono anche tratte marittime. L’opzione più praticabile attualmente è il transito attraverso il corridoio centrale, conosciuto come Middle Corridor o con la sua dizione completa di Trans-Caspian International Transport Route, promosso e supportato da una serie di istituzioni e operatori direttamente coinvolti. Il corridoio centrale parte dalla Cina e attraversa il Kazakistan fino al porto di Aktau, sfrutta quindi la navigazione sul Mar Caspio per raggiungere l’Azerbaigian e da qui in treno verso la Georgia oppure la Turchia.
Basta dare uno sguardo a una cartina geografica per comprendere come questo tracciato appaia razionale e logico nel suo sviluppo, ma la realtà trasportistica è meno favorevole. Gli operatori segnalano come efficienza e capacità non siano ancora all’altezza. Ci sono carenze prima di tutto dal punto di vista ferroviario con una rete come quella dell’Azerbaigian che richiede investimenti importanti e questi non si possono fare in poco tempo sulla spinta di esigenze contingenti. Anche i collegamenti attraverso il Mar Caspio appaiono insufficienti e congestionati. Dalla Georgia si prospetta anche un percorso via acqua attraverso il Mar Nero, ma anche il porto romeno di Costanza non presenta spazi e margini di crescita.
Per evitare i nodi più congestionati si potrebbe ricorrere in alternativa alla gomma, ma a questo punto i tempi di consegna e i costi arrivano a mettere in discussione l’ipotesi stessa di utilizzare il Middle Corridor. Occorre dire che via mare dalla Cina meridionale ai primi porti europei come il Pireo o Algeciras si calcola un tempo di transito di 20-25 giorni con le tariffe di trasporto marittimo giudicate tutto sommato convenienti, mentre costi e intoppi nelle relazioni terrestri in cui devono convivere tratte ferroviarie con quelle marittime o stradali, pregiudicano l’ipotesi alternativa della Via della Seta. Il Middle Corridor sarebbe un’opzione interessante se efficienza e capacità fossero le stesse della Belt and Road classica, ciò che ora non si può certo affermare.
Ma in questo scacchiere internazionale e in una situazione che appare alquanto fluida anche Trieste vuole giocare le sue carte. In particolare, la società Duisport, azionista dell’Interporto di Trieste, insieme alle società di logistica olandese Nunner e cinese Tiedada, ipotizzano di dare vita a una rotta che percorrendo in parte il Middle Corridor, utilizzi quindi l’itinerario via mare da Istanbul a Trieste e da qui in ferrovia per le destinazioni di riferimento. Per ora è un’ipotesi di studio, ma del tutto fattibile.
Piermario Curti Sacchi