Nel 2001, esattamente vent’anni fa, partiva il primo treno merci di un’impresa diversa dalle ferrovie statali italiane. Era un convoglio gestito da Ferrovie Nord Milano, partito da Melzo e diretto prima a Domodossola e quindi in Belgio nello scalo del nodo portuale di Zuebbrugge. Responsabile di questo progetto pionieristico, oltre a essere anche direttore di esercizio di Fnm, era Luigi Legnani, che ora riveste la carica di presidente di FerCargo, l’associazione che riunisce una ventina di imprese ferroviarie merci diverse dal gruppo Fs. Da allora di strada ne hanno fatta: la loro quota di mercato in Italia supera il 50% mentre nel traffico internazionale sui valichi alpini si arriva a punte del 70-80%.
Con un forum online, FerCargo ha voluto ricordare i vent’anni di liberalizzazione del trasporto merci ferroviario. Nel 1991, la Direttiva 440 (relativa “allo sviluppo delle ferrovie comunitarie”) aveva posto le basi per il superamento dei monopoli ferroviari, allora saldamente in mano ai rispettivi stati nazionali. Bisognerà attendere il “primo pacchetto ferroviario” nel 2001 per tradurre in pratica questa nuova opportunità. “Da allora partì un intenso lavorio per organizzare praticamente dal nulla la nascita dell’impresa ferroviaria, che tra parentesi è forse tra le cose più complicate al mondo”, osserva Legnani. “Nel 2009, con la nascita dell’associazione, FerCargo ha dato la forza alle nostre aziende per chiedere quella effettiva parificazione di condizioni per competere tra imprese, che oggi possiamo ritenere in gran parte realizzata”.
Le imprese aderenti a FerCargo nonostante siano su un mercato concorrenziale hanno sfruttato l’unione dei contendenti per avere regole chiare e favorevoli a tutti i protagonisti. In questi vent’anni i risultati si sono visti, ma ora la sfida si gioca sempre più sul fronte della transazione ecologica che costituisce uno dei pilastri del programma europeo Next Generation EU. Questo in Italia si traduce nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con l’attenzione dedicata alla logistica e alle risorse per i porti, gli interporti, l’intermodalità, lo sviluppo dell’integrazione della rete e con un occhio di riguardo per i collegamenti ferroviari di ultimo miglio.
In Italia il trasporto delle merci per ferrovia ha una quota modale di poco superiore al 13%, mentre l’obiettivo che pone l’Unione Europea è quello di raggiungere una quota del 30% entro il 2030, quindi in appena un decennio. “Oggi registriamo con grande positività i passi avanti che si stanno compiendo sull’hardware, vale a dire gli investimenti sulla rete ferroviaria, lo sviluppo della digitalizzazione”, osserva ancora Legnani, “ma si tratta di interventi che richiedono necessariamente un loro tempo. Occorre quindi intervenire anche sulla parte che potremmo definire il software: sburocratizzazioni, semplificazioni, passaggio rapido al digitale, rimozione dei tanti ostacoli legati alle rigidità che ancora persistono nel sistema”. Come dire: siamo a metà strada.
Piermario Curti Sacchi