La nuova stangata dei pedaggi autostradali sta suscitando le proteste dell'autotrasporto, sia sul fronte delle imprese, sia su quello dei lavoratori. Nel primo caso, dopo l'intervento di TrasportoUnito, che stima un aumento dei costi per il trasporto stradale di 300 milioni l'anno, si registra una forte protesta proveniente dall'Abruzzo, dove l'incremento del pedaggio della Strada dei Parchi sulla tratta Roma-Teramo ha toccato il 13%. La società autostradale gestisce l'24 e l'A25, due autostrade indispensabili per gli autotrasportatori abruzzesi per collegarsi al resto della Penisola. "La cosiddetta Strada dei Parchi rappresenta l'unica soluzione per collegarci con il resto del Paese e per giunta, dopo quella di Milano-Serravalle, è l'autostrada più cara d'Italia", afferma Roberto di Bernardino, di Assotir dell'Aquila.
Dalla Liguria giunge la voce del presidente regionale di Fita Cna, Pier Luca Mainoldi, che chiede la revoca degli aumenti: "Il mondo dell'autotrasporto sembra avere una sola certezza; il primo gennaio, inesorabilmente, arrivano gli incrementi dei pedaggi a fronte di miglioramenti della qualità del servizio solo presunti. Non sono riscontrati dagli utenti, infatti, e in particolare dalle associazioni degli autotrasportatori professionali, cui non è riconosciuta voce in capitolo, autentici figli di un dio minore che devono solo pagare e tacere. Eppure, nei costi di un'azienda di autotrasporto di merci per conto terzi, i pedaggi autostradali, con un impatto di circa il 10 percento, rappresentano la terza voce di costo dopo personale e carburante. Un vettore che esegue trasporti di linea nazionali effettua oltre il 70 percento della sua percorrenza annua su autostrade a pedaggio".
Mainoldi chiede anche di cambiare i criteri con cui il Governo concede l'adeguamento annuale delle tariffe, in vigore dal 2007: "Bisogna tenere conto in maniera più appropriata della qualità del servizio reso dai concessionari. Continuiamo a registrare, infatti, l'inadeguatezza della rete autostradale italiana. La dimostrano la velocità media, tra le più basse d'Europa, i disagi che si ripercuotono sugli utenti a ogni precipitazione nevosa, la mancanza di aree di sosta e di servizi di assistenza appropriati, la cattiva manutenzione delle strutture e del manto autostradale".
L'aumento dei pedaggi non piace neppure alla Fai della Lombardia, il cui presidente regionale Antonio Petrogalli rileva il paradosso secondo cui "diverse concessionarie che hanno goduto degli aumenti dei pedaggi più significativi nel decennio tra il 2008 e il 2017 sono anche tra quelle che risultano avere effettuato minori investimenti rispetto a quanto previsto nei piani finanziari". Petrogalli invoca una "trasparenza sui pedaggi, perché la tariffa è già costituita dai costi di gestione, dalle manutenzioni ordinarie e straordinarie e dagli investimenti per una sempre maggiore sicurezza".
A livello nazionale, il segretario generale di Assotir, Claudio Donati, definisce "scellerati" i rincari: "Qui non si sta affermando di non voler pagare, ma di pagare almeno per avere indietro un servizio che sia decente. Ogni volta che nevica ad esempio il numero degli spazzaneve risulta sempre insufficiente ed i primi ad essere fermati sono proprio gli autotrasportatori ai quali sono richiesti tempi di attesa molto lunghi per procedere al filtraggio dei veicoli nelle zone colpite da maltempo".
Sugli aumenti sono intervenuti anche i sindacati confederali Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, segnalando che "mentre i pedaggi aumentano ovunque, anche se in proporzioni diverse cala l'occupazione delle autostrade. Con questi ultimi aumenti i profitti dei concessionari autostradali continuano a lievitare, a discapito dei cittadini utenti, dei lavoratori e della sicurezza della circolazione autostradale, che non sempre è adeguata ai livelli di traffico". I sindacati denunciano anche "il peso delle esternalizzazioni e del lavoro meno tutelato che stanno entrando sempre più prepotentemente nel settore ed in particolare in quelle attività in cui si registrano morti sul lavoro".
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