Come se non bastassero le forti riserve e i dubbi sulle aspettative di traffico tutte da dimostrare e la mancanza anche del più benevolo studio con un’analisi costi/benefici, la ferrovia ad Alta velocità Salerno-Reggio Calabria riserva un ulteriore giallo, quello del tracciato prescelto. Già l’avvio quasi azzardato del progetto non era stato dei più promettenti, frettolosamente predisposto in tempi ristretti per rientrare nei termini previsti dal Pnrr, che ha come scadenza il 2026 per il completamento delle opere, ma riservava risorse all’apparenza senza limiti. Dall’oggi al domani era stato sostituito in corsa il programma precedente che puntava essenzialmente sul potenziamento della linea esistente, con investimenti decisamente più contenuti.
Il progetto rivisto da Rfi nel 2022 sulla spinta del Pnrr puntava così a realizzare una nuova linea ad alta velocità, formalmente di traffico misto passeggeri e merci, con un tracciato, e questa era la novità sostanziale, che sposava un percorso analogo a quello scelto a suo tempo per l’autostrada, vale a dire tenendosi all’interno del territorio calabro, con l’unica eccezione della deviazione verso Praja a Mare per poi tornare al centro della regione per raggiungere Tarsia, località vicina alla piana di Sibari.
Questo tracciato era stato difeso a oltranza non solo da Rfi ma anche da esponenti politici locali per realizzare un collegamento funzionale anche con Metaponto e Taranto, per costituire quindi una sorta di direttrice a forma di ipsilon, da una parte verso la Tirrenica, dall’altra l’Adriatica. Le previsioni di spesa iniziali, del tutto ottimistiche visto il rischio di incremento dei costi, sfioravano comunque i 24 miliardi di euro.
Su questo progetto Rfi ha aperto il Dibattito pubblico come prevedono le norme sui lavori pubblici, mentre nel frattempo è andato in gara e quindi assegnato al consorzio guidato da Webuild nel maggio 2023 il primo lotto funzionale tra Battipaglia e Romagnano per uno sviluppo di 35 chilometri del valore di oltre due miliardi di euro. Ma a questo punto è successo l’imprevedibile, perché senza clamore e quasi sottotraccia, secondo alcune fonti addirittura tenendo quasi nascosti gli atti, Rfi ha cambiato le carte in tavola, di fatto sconfessando l’ipotesi del tracciato a suo tempo tanto sponsorizzato, quello di un passaggio all’interno del territorio calabro.
Alla fine Rfi ha comunicato, più o meno ufficialmente, l’abbandono del progetto avviato con il Dibattito pubblico a favore invece di un itinerario che segue la direttrice tirrenica, in pratica quasi parallelo alla linea storica. La conferma di questa svolta è arrivata indirettamente da una risposta data a un’interrogazione parlamentare dal sottosegretario ai Trasporti Tullio Ferrante, in quanto lo sviluppo del progetto di fattibilità tecnico-economica aveva evidenziato “significative criticità” connesse alla realizzazione di un lungo tratto in galleria in una montagna caratterizzata dalla presenza di rilevanti falde acquifere, e che quindi erano “in corso ulteriori approfondimenti progettuali per individuare un tracciato avente una maggiore sostenibilità ambientale”.
Fuori dal formalismo parlamentare, tutto questo significa che il progetto portato avanti da Rfi va interamente riscritto, con tutte le incognite del caso. Saltano quindi i tempi previsti per la realizzazione dei lotti successivi a quello appaltato fino a Romagnano, che nel frattempo resta poco più che una bretella fine a sé stessa. A parte il Pnrr, si perderà anche il treno rappresentato dal Fondo complementare che costituisce una sorta di appendice del Piano di ripresa, facendo venire meno una carta giocata soprattutto dai sostenitori dell’utilità del Ponte di Messina, quello di avere una rete ferroviaria moderna di accesso allo Stretto che giustifica questa grande opera.
Piermario Curti Sacchi