Mentre il traforo stradale del Monte Bianco è stato chiuso come annunciato fino al 18 dicembre 2023, la ferrovia internazionale che passa sotto il tunnel storico del Frejus resta interrotta a causa della frana che si è abbattuta in Francia nella zona di Modane alla fine di agosto 2023. Ma ciò che conta è il fatto che la circolazione dei treni transfrontalieri non sarà ripristinata prima dell’estate 2024. Escludendo il tunnel storico, interessato dai lavori di adeguamento che si sono svolti tra il 2003 e il 2011 (con risultati discutibili), bisogna risalire alla parentesi della Seconda guerra mondiale per ritrovare un periodo di chiusura così prolungato.
E in Francia il dibattito si è fatto particolarmente acceso tra chi sostiene la necessità di mettere in sicurezza in modo definitivo la linea e quindi giustifica i tempi lunghi di ripristino e chi invece apertamente parla di lentezza se non addirittura di lassismo da parte delle autorità e delle ferrovie francesi. La discussione è partita dall’Italia nel momento in cui Paolo Foietta, presidente della Commissione intergovernativa Italia-Francia per la Torino-Lione, ha chiesto che la linea internazionale venga ripristinata il più presto possibile investendo le risorse necessarie. Secondo Foietta che ha visitato la zona degli eventi, sarebbero sufficienti due o tre mesi di lavori.
Questo invito, espresso in modo perentorio, ha innescato la discussione in Francia. La posizione assunta dalle autorità francesi viene giustificata anche da chi in passato si è speso con energia a favore della nuova ferrovia, che resta comunque l’obiettivo primario. È questo il caso del Comité pour la Transalpine, un’associazione di interesse generale composta da enti locali, imprese di logistica e organizzazioni economiche. In sostanza viene difeso il principio della sicurezza nei cantieri dove non sono giustificate scorciatoie per accelerare i lavori a scapito della tutela di chi è impegnato nelle attività in galleria in quanto le condizioni strutturali rimangono critiche e a rischio.
I più realisti non si stupiscono più di tanto per lo scenario di chiusura prospettato in quanto non è possibile aspettarsi a breve soluzioni definitivamente risolutive per una ferrovia che resta quella dei tempi di Cavour con tutti i limiti del caso. Casomai l’incidente e la relativa chiusura possono essere uno stimolo a spazzare via definitivamente ogni remora a favore della costruzione della nuova ferrovia italofrancese, anche se questa non sarà operativa prima del 2032.
E nel frattempo resta solo la prospettiva di fare ragionevolmente il possibile consapevoli che non sarà mai la soluzione ideale. Ma chi critica questo attendismo sostiene che non si può abbassare la guardia perché l’alternativa sarebbe quella dell’incremento esponenziale del passaggio dei mezzi pesanti lungo tutto l’arco transalpino.
Ironia della sorte, il 31 ottobre 2023 è prevista la riunione del tavolo tecnico legato a quello che viene indicato come il trattato del Quirinale firmato nel 2021 dall’allora premier italiano Mario Draghi e dal presidente francese Emmanuel Macron. Si tratterà di definire i pochi margini di manovra per superare l’attuale fase di stallo e rilanciare la prospettiva della ferrovia. Sullo sfondo c’è l’interscambio commerciale tra Italia e Francia, dove l’area metropolitana di Torino ha in Parigi il primo partner economico.
Piermario Curti Sacchi