Il Terzo Valico ferroviario dei Giovi in costruzione nel cuore dell’appennino ligure è una grande opera che sarà ricordata per una serie di record, alcuni di eccellenza come la presenza della galleria più lunga d’Italia con il suo tunnel di base di 27.250 metri, ma anche per una serie di aspetti meno esaltanti come i seri imprevisti legati a difficoltà tecniche e geologiche non considerate o sottovalutate, le inchieste della magistratura, gli incidenti sui cantieri, l’abbandono di imprese.
L’ultimo evento, tenuto finora in sordina, ha letteralmente un peso ma anche un valore, milioni di euro che se ne vanno in fumo, anzi sbriciolati. Il peso è quello di centinaia di conci, i blocchi di cemento che servono a rivestire le gallerie, che sono stati messi momentaneamente in deposito, pronti per raggiungere i centri di demolizione. Il motivo? Non servono più.
Tutto nasce in seguito al grave incidente di percorso che ha coinvolto il cantiere di Radimero alle porte di Arquata Scrivia, quando a causa delle condizioni critiche del materiale riscontrato, le due frese meccaniche (Tbm) utilizzate nei lavori di scavo si sono bloccate, la prima nel giugno 2022 e quindi anche la seconda a fine ottobre 2023. Le due “talpe” sono state smontate e i lavori, con tempi enormemente dilatati, proseguono ora con i metodi tradizionali di scavo, martellone ed esplosivo.
Ma in questo caso i conci prefabbricati, posizionati direttamente dalle frese nel loro avanzamento, non possono essere utilizzati, perché i sistemi di rivestimento sono diversi in quanto si procede in prima battuta con il consolidamento della roccia e successivamente con la gettata in opera del calcestruzzo. Peccato che nel frattempo il Cociv, il consorzio a cui è affidata la realizzazione della grande opera sotto i Giovi, aveva assegnato un appalto da 30 milioni di euro con diversi contratti di fornitura a un’azienda specializzata nella produzione dei conci, buona parte dei quali ora non sono più necessari e andranno demoliti per recuperare almeno in parte il costo come materiale da riempimento.
Alla luce di tutto questo, emerge una considerazione di fondo, quella che non si possa più parlare di imprevisti o di semplice sfortuna: sono evidenti errori progettuali e nella gestione degli appalti, insieme a una scarsa capacità a governare un’opera comunque così complessa da realizzare. Ricordiamo che quasi contestualmente all’incidente di Radimero, erano state annunciate le dimissioni del direttore generale del Consorzio Webuild/Terzo Valico, Francesco Poma (ingegnere torinese conosciuto come l’uomo del Ponte San Giorgio, in quanto responsabile di quel grande cantiere genovese), insieme ad altri quattro ingegneri impegnati sul Terzo Valico, il responsabile del tronco Piemonte (dove si erano fermate le frese), il capo del settore armamento, il responsabile delle tecnologie e il capo delle costruzioni. E intanto sui tempi di conclusione della grande opera, ogni previsione diventa ipotetica.
Piermario Curti Sacchi