A fine novembre 2023 si sono conclusi con esito positivo i test con la prova di carico, in pratica un collaudo statico, del nuovo ponte stradale sul fiume Ticino, opera d’arte principale lungo la strada statale 494 Vigevanese che collega Vigevano con Abbiategrasso e quindi la Lomellina con l’area milanese. Diciassette automezzi con una massa complessiva di 750 tonnellate hanno confermato la rispondenza con i parametri fissati dal collaudatore. Ulteriori prove sono previste fino a febbraio 2024 dopo di che il nuovo elegante manufatto e di notevole contenuto tecnico sarà formalmente consegnato al committente. Il ponte ha una lunghezza complessiva di 488 metri con due arcate lunghe ciascuna 150 metri e una larghezza dell’impalcato di 26,8 metri che può ospitare quattro corsie stradali, oltre a banchine pedonali e ciclabili.
Sarà quindi tutto pronto per l’apertura al transito? No, fermiamo il film, perché il nuovo ponte che si può osservare con il suo design accattivante percorrendo il vecchio viadotto quasi parallelo in comune con la ferrovia, resterà muto testimone di sé stesso, bellissimo ma senza le vie di accesso, né da una parte né dall’altra. Sembra paradossale ma l’appalto per la costruzione del ponte, finanziato dall’Anas per oltre 50 milioni di euro e realizzato dalla Provincia di Pavia, non comprendeva la realizzazione delle rampe di accesso, ma il solo manufatto.
C’è da domandarsi perché nel frattempo non sono andate in gara anche le opere accessorie. Forse non c’è stato il tempo? Tutt’altro, perché il progetto del ponte è stato avviato nel 2004, vent’anni fa. Nel 2009 si è svolta la prima gara d’appalto con l’assegnazione all’impresa Guerino Pivato, la quale fatti i primi rilievi sul campo è sparita, inghiottita dal fallimento. Nel 2011 l’incarico viene conferito alla Cesi di Imola che tre anni dopo inizia la costruzione dei piloni, ma i lavori sono così sfortunati che questi vengono danneggiati da una piena del Ticino e poco dopo la Cesi chiude il cantiere perché va in liquidazione coatta. I lavori vengono quindi assunti da un’impresa, la Polese che già lavorava insieme alla Cesi, ma nel 2018 anche la Polese abbandona il cantiere quando mancano circa 25 metri per chiudere l’impalcato. L’ultimo appalto è quello del 2021, con il consorzio Pangea di Pescara che riapre il cantiere e, questa volta, lo porta a termine nell’estate 2023.
E le strade d’accesso, che fine hanno fatto in tutto questo tempo? Come se fossero del tutto irrilevanti, paradossalmente solo a luglio 2023 la Provincia inserisce a bilancio i quasi otto milioni di euro che servono per realizzare i 450 metri che mancano sul lato di Vigevano e i 770 metri di collegamento verso Abbiategrasso, ma con l’appalto ancora da assegnare e i lavori che aspettano quindi il via libera.
Come si può vedere ci sono voluti vent’anni per non concludere un’opera, ma in questo caso forse i ritardi non hanno solo un risvolto negativo. Perché dovendo riprendere e aggiornare il progetto, oltretutto con parte dell’opera danneggiata dall’alluvione, la Provincia ha incaricato la società Integra Srl di Roma, specializzata in ingegneria di grandi infrastrutture, di rivedere il tutto. E che molte cose non quadrassero sta tutto scritto nero su bianco su un rapporto firmato dal presidente di Integra, Marco Petrangeli e da Filippo Del Drago, ingegnere del dipartimento strutture della stessa società e riportato sulla rivista specializzata Strade&Autostrade (n. 6-2022).
Pur apprezzando l’opera, la definiscono non esente da ingenuità e debolezze tecniche e con scelte di cantiere discutibili che hanno contribuito a rallentarne la realizzazione. Sarebbe troppo lungo entrare nei dettagli, oltretutto molto tecnici. Basti pensare che già nell’implementare il progetto si è resa necessaria una variante per gettare gli archi con un involucro esterno in acciaio senza il quale non sarebbero state soddisfatte le condizioni di sicurezza. È stato necessario anche ridurre la spinta ai limiti dei due archi con l’introduzione di apposite catene (cavi esterni di precompressione). Anche il Ticino si è messo di traverso erodendo le fondazioni dei pilastri provvisori, un fenomeno grave come viene definito da Petrangeli e Del Drago perché non preventivato.
Puntuali e numerose le ulteriori osservazioni dei consulenti di Integra che arrivano di fatto a mettere in discussione sia le scelte progettuali sia le soluzioni adottate nella cantierizzazione. Tutti questi limiti sono stati risolti in occasione dell’ultimazione dei lavori da parte del consorzio Pangea, ma la storia, come si è visto non è ancora finita. E getta un’ombra sulla genesi di molte grandi opere, con il pensiero che anche senza volerlo va al Ponte sullo Stretto di Messina e all’arditezza del suo progetto.
Piermario Curti Sacchi