Il 26 marzo 2024, la nave portacontainer Dali, lunga quasi 300 metri e battente bandiera di Singapore, perse improvvisamente potenza e propulsione mentre attraversava il fiume Patapsco a Baltimora per uscire dal porto. Era l’una e 29 del mattino quando l’equipaggio perse il controllo della nave, che si schiantò contro la pila numero 17 del Francis Scott Key Bridge. L’impatto causò il crollo di una porzione del ponte, con pesanti conseguenze: sei operai stradali persero la vita e un settimo riportò gravi ferite, mentre un membro dell’equipaggio della nave rimase leggermente ferito. Parti della struttura precipitarono sia sul ponte della Dali sia nelle acque sottostanti, provocando danni enormi sia all’infrastruttura, sia al cargo.
Un anno dopo l’evento, lo statunitense National Transportation Safety Board ha diffuso un'articolata relazione sull’incidente, svolta secondo il cosiddetto Method II suggerito dall’(American Association of State Highway and Transportation Officials) (Aashto), rivelando che il ponte presentava un rischio di crollo annuo quasi trenta volte superiore ai limiti ritenuti accettabili per un’infrastruttura considerata critica o essenziale. Se l’ente che gestisce il ponte avesse effettuato tale valutazione in anticipo, l’alta probabilità di una collisione catastrofica con navi di grande stazza sarebbe emersa con chiarezza e si sarebbero potute adottare misure preventive per rafforzare la protezione delle pile o a deviare il traffico navale in situazioni di emergenza.
Il Francis Scott Key Bridge, inaugurato nel 1977, non era stato progettato secondo le linee guida post-1991 dell’Aashto, che prevedono analisi di vulnerabilità per prevenire i rischi di collisione da parte di navi di grandi dimensioni. All’epoca della sua costruzione, infatti, il traffico navale era più contenuto e le navi meno grandi. Nel 1980 il ponte subì una prima collisione relativamente lieve da parte di una nave giapponese di stazza notevolmente inferiore alla Dali.
Con l’espansione del Canale di Panama nel 2016 e il conseguente aumento del passaggio di giganti del mare, la conformazione del canale navigabile e la posizione delle pile centrali del ponte sono diventate elementi di vulnerabilità maggiore. Le protezioni strutturali esistenti, come i paraurti in calcestruzzo, sono risultati insufficienti a deviare o assorbire l’impatto della portacontainer.
Le indagini del Ntsb hanno inoltre rivelato che il rischio per strutture simili non si limita al Francis Scott Key Bridge. Un’analisi condotta insieme alla Federal Highway Administration (Fhwa) e all’US Army Corps of Engineers ha infatti individuato decine di ponti negli Stati Uniti che attraversano vie d’acqua regolarmente solcate da navi oceaniche e che sono stati costruiti prima del 1996, quando non era ancora richiesto l’adeguamento alle linee guida Aashto. In particolare, ne sono stati individuati 68 sprovvisti di un’analisi completa, i cui gestori potrebbero trovarsi a dover ricalcolare la probabilità di crollo e procedere, se necessario, con un piano correttivo. È emerso che molte di queste strutture potrebbero avere livelli di rischio sconosciuti e potenzialmente molto alti, soprattutto a causa della combinazione di un maggior volume di traffico navale, della presenza di navi sempre più grandi e dell’assenza di un sistema robusto di difesa dei piloni.
Di fronte a un quadro tanto preoccupante, il Ntsb ha inviato raccomandazioni urgenti alla Fhwa, alla Guardia Costiera e allo stesso US Army Corps of Engineers, invitandoli a costituire una squadra interdisciplinare incaricata di guidare i proprietari e gestori di questi ponti nella valutazione delle vulnerabilità e nella definizione di piani di riduzione del rischio. Agli enti locali è stato chiesto di calcolare tempestivamente il livello di pericolosità e, se dovesse superare gli standard raccomandati, d’intervenire per mitigare la probabilità di collisioni così gravi da causare nuovi crolli o la perdita di vite umane.
Alla luce di quanto accaduto a Baltimora, le Autorità sottolineano l’importanza di adottare un approccio dinamico alla sicurezza, che includa valutazioni costanti dell’evoluzione del traffico navale, della robustezza strutturale dei ponti e dei dispositivi di protezione. È un invito a riconsiderare il modo in cui vengono controllate e mantenute le infrastrutture critiche, troppo spesso verificate soltanto dal punto di vista dell’usura tradizionale e non di fronte ai pericoli di un urto con navi di nuova generazione. L’obiettivo comune, ha spiegato il Ntsb, è scongiurare futuri incidenti devastanti come quello del Francis Scott Key Bridge e di evitare altre vittime in circostanze che, con un’adeguata prevenzione, potrebbero essere evitabili.