L’Europa avrà una sua Via della Seta? Sembra di sì, almeno da quanto annunciato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, durante il discorso all’Europarlamento sullo stato dell’Unione. Il programma ha già un nome, Global Gateway, e dovrebbe essere l’alternativa alla cinese Belt and Road Initiative nell’ambito della nuova postura comunitaria che segue quella statunitense di contrasto all’espansione “morbida” di Pechino, di cui proprio la Belt and Road è l’espressione principale come strumento di connessione fisica globale.
Secondo la visione della Commissione, la Global Gateway dovrebbe interessare soprattutto i Paesi in via di sviluppo – dove la Cina sta già costruendo da qualche anno ferrovie, strade e porti – offrendo loro un’alternativa per lo sviluppo di queste infrastrutture. La posta in gioco sono le importanti materie prime, soprattutto quelle estratte in Africa, da cui dipende l’industria europea. Finanziando le infrastrutture di trasporto, l’Unione vuole impedire alla Cina di controllare le filiere di approvvigionamento di tali prodotti.
C’è però un problema: L’unione Europea non ha risorse paragonabili a quelle che Pechino ha messo sul tavolo, e metterà, per sviluppare la Belt and Road Initiative. Si stima che la Cina abbia investito in questo programma oltre duemila miliardi di dollari negli ultimi sette anni. Oggi Bruxelles non può neppure prevedere quanto investirà nel Global Gateway, perché l’entità dipende dai negoziati con i Paesi membri e dalla capacità di raccogliere finanziamenti propri.