Il sistema produttivo cinese, rimasto fermo fino al 10 febbraio 2020 per contrastare l’epidemia di coronavirus Covid-19, sta lentamente rimettendosi in moto e con lui il sistema dei trasporti e della logistica. Quest’ultimo viaggia a marcia ridotta sia all’interno della Cina sia per l’import-export. Le conseguenze sono ormai note: meno aerei e meno portacontainer hanno ridotto l’offerta di stiva e potranno causare un’impennata di prezzi appena l’economia tornerà al ritmo consueto. Per superare tale limite, gli spedizionieri hanno trovato un’alternativa al trasporto diretto tra la Cina e gli altri continenti: giocare di sponda all’interno dell’Asia.
Questo meccanismo lo spiega un articolo pubblicato oggi dalla Reuters, parlando soprattutto del settore dell’abbigliamento, che deve cominciare a rifornire i magazzini con le collezioni primavera-estate. Servirà soprattutto il trasporto aereo, ma non tutti possono affrontare l’aumento delle tariffe che già ora si manifesta e che avrà un’impennata quando la produzione cinese riprenderà. Si parla di quattro-cinque dollari al chilo. Per trovare un equilibrio tra costi e velocità, molti operatori guardano al trasporto combinato mare-aereo, basandosi sul fatto che i trasporti all’interno dell’area asiatica non hanno subito gravi disagi.
L’idea è quindi di fare uscire le merci dalla Cina usando portacontainer feeder da 2-3000 teu, che a differenza di quelle intercontinentali non subiscono una riduzione delle frequenze, verso altri porti del Far East o del Medio Oriente (come lo hub globale di Dubai), da dove le spedizioni potranno proseguire in aereo, perché le rotte da e per queste località non stanno subendo limitazioni, anzi a oggi c’è ancora disponibilità di stiva. Inoltre, più ci allontana dalla Cina, minore è l’impatto dell’aumento delle tariffe aeree. Un impatto previsto, almeno con l’attuale situazione dell’epidemia, tra marzo e aprile.