Partiamo da una domanda: il sistema portuale di Genova che comprende anche quello di Pra’ ha l’esigenza di disporre di nuova e più vasta area retroportuale, dislocata oltre i limitati spazi attuali e quindi necessariamente al di là dell’Appennino? E, se sì, in che termini? Ruota attorno a questo quesito il futuro delle scelte logistiche legate al porto genovese con in primo piano il ruolo che può avere l’area di Alessandria. Qui sulla carta gli spazi non mancano perché a ridosso del centro urbano della città piemontese è situato lo storico scalo ferroviario merci che si estende per un milione di metri quadrati, in passato uno dei più grandi e movimentati d’Italia (ha un fascio di una cinquantina di binari) e ora quasi inutilizzato.
Della sua possibile funzione di retroporto genovese se ne parla da decenni, ma solo nel marzo 2024 è stato presentato da parte di Rfi il progetto di fattibilità tecnico-economica e avviata la definizione del masterplan dell’hub intermodale con un bando di gara che si chiude il 3 giugno 2024. Ora l’obiettivo è definire il documento di indirizzo strategico entro fine anno per avviare la fase operativa nel corso del 2025.
La posta in gioco è molto alta e solo una volta svelate le carte si potrà comprendere non solo quale sarà il futuro intermodale di Alessandria, ma anche come sarà configurato l’eventuale retroporto logistico di Genova. Ci sarà un’unica grande area, in questo caso Alessandria, o una serie di poli che potranno integrarsi, oppure al contrario cercare di conquistarsi il loro spazio, magari a dispetto di altri, visti come concorrenti? Per ora lo sbocco appare abbastanza indefinito, anche perché la realtà è piuttosto variegata.
Sul territorio le strutture non mancano, a partire dall’interporto di Rivalta Scrivia, la cui società di gestione che ha come riferimento il Gruppo Gavio non è certo intenzionata a restare alla finestra, anzi ha in progetto di ampliare l’attuale struttura per ulteriori 650mila metri quadri. Più a nord si trova il centro interportuale di Mortara che viste le distanze non potrà mai svolgere la funzione di retroporto di Genova, ma può intercettare parte dei traffici, anche perché si colloca su una direttrice ferroviaria come la Genova-Novara-valichi svizzeri dove Rfi sta investendo risorse importanti per realizzare un asse adatto ai trasporti intermodali senza limiti di sagoma.
Ma c’è di più, perché a leggere le indicazioni che emergono dal progetto di fattibilità tecnico-economica e dagli indirizzi del masterplan di Alessandria non emerge l’ambizione di una struttura che possa rappresentare una svolta logistica per tutto il triangolo economico che fa perno su Genova. È vero che si parla di trenta ettari destinati al terminal ferroviario e di altri settanta ettari al centro del progetto di un hub intermodale, ma soprattutto in riferimento a quest’ultimo le funzioni sono molto variegate, anche di mobilità urbana e di riuso del territorio (fino ad arrivare al residenziale, anche studentesco), funzioni che con il trasporto merci hanno poco a che fare, al massimo rappresentano un affare per il proponente.
Nei dettagli lo scalo ferroviario avrà tre gru a portale da 40 tonnellate per la movimentazione delle merci, con quattro binari a modulo 750 metri, due corsie per il transito dei trattori stradali e spazi per lo stoccaggio dei container. Restano da definire nei dettagli, e questo lo dirà il masterplan, i contenuti dell’hub intermodale. Ma per una struttura che vorrebbe avere l’ambizione di diventare il retroporto di Genova, un confronto con una realtà come il Quadrante Europa, appare senza storia.
Nei suoi diversi terminal, Verona può contare su 18 binari, oltre a 17 binari di carico/scarico e 13 binari di deposito, serviti da numerose gru a portale o semoventi. Inoltre ha al suo interno uno scalo ferroviario con 18 binari, mentre è in progetto un ulteriore espansione con un quarto modulo con altri otto binari. Se questa è una realtà ormai consolidata, Alessandria è tutta da inventare.
Piermario Curti Sacchi