Le Vie della Seta raddoppiano. Mentre i numeri parlano di crescita dei traffici con la Cina a due zeri anno su anno, i progetti, ormai in fase operativa non mancano. Tutti cercano di accaparrarsi una fetta di quello che si prospetta come il business dei prossimi anni. Ecco due esempi. Il primo riguarda la nascita di uno hub nel deserto. Fino a una decina di anni fa, Khorgos (o Korgas), una località al confine tra il Kazakistan e la regione autonoma dello Xinjiang nella Cina nord occidentale, era una delle zone più isolate e scarsamente abitate dell'Asia. Ma dal 2015 è diventato uno degli snodi più importanti dell'economia mondiale in quanto la Cina decise di costruirvi uno hub per il trasporto delle merci via ferrovia che attraverso l'Asia centrale raggiungono l'Europa occidentale. L'interporto terrestre di Khorgos è uno dei progetti più importanti lungo la Belt and Road terrestre e molto probabilmente diventerà il più grande scalo del mondo.
Con la sua posizione a metà tra Russia, Cina ed Europa orientale, l'impianto è al centro di una rete infrastrutturale, un crocevia naturale tra i quattro i punti cardinali. Negli ultimi cinque anni, i cinesi hanno trasformato un'area di circa 600 ettari in un gigantesco centro di smistamento delle merci via terra e in una zona economica speciale, con un'autostrada che collega la Cina occidentale all'Europa e una stazione ferroviaria. Attualmente ogni mese passano dalla porta di Khorgos 65 treni, che trasportano oltre seimila container. Entro il 2020, il programma prevede che l'hub arrivi a gestire 500mila container l'anno. Il trasporto via ferrovia è più costoso di quello marittimo (ma meno di quello aereo) e riduce solo a un paio di settimane il viaggio tra Cina ed Europa. Ma in questo caso gioca un altro asso, perché uno degli scopi principali della porta di scambio di Khorgos è far viaggiare treni merci a scartamento internazionale, lo stesso di tutta l'Europa continentale (Russia esclusa, guarda caso), in modo da ridurre tempi e costi.
Il secondo caso riguarda un porto usato per aggirare la Russia. La Georgia, lo stato caucasico a sud della Russia, sta costruendo un grande scalo marittimo ad Anaklia, sulle coste del Mar Nero. Si estenderà su ottanta ettari e potrà accogliere navi portacontainer di medie dimensioni, rendendo questa località abitata da poco più di mille, la principale città portuale del Paese e una delle più importanti del Mar Nero. L'attuale porto sarebbe sufficiente per le esigenze turistiche, ma il vero obiettivo è quello di convincere i Paesi europei a passare per il Mar Nero per commerciare con la Cina, e avvicinarsi così all'area di influenza dell'Europa occidentale.
Il progetto del porto procede spedito. La prima fase di costruzione dovrebbe concludersi nel 2021: il primo terminal avrà una previsione di flusso annuale di quasi un milione di container, oltre il doppio rispetto all'attuale capacità dei porti dell'intera Georgia. La costruzione del porto è programmata per fasi: una volta terminato, lo scalo gestirà fino a cinque milioni di container l'anno. E si pone l'obiettivo ambizioso di valorizzare e rendere più attraente il corridoio intermedio che collega Cina ed Europa in una delle Vie della Seta, passando sotto la Russia (e quindi avendo anche un valore strategico e politico non indifferente).
Per questo motivo il nuovo porto vede convergere interessi finanziari diversi. I fondi arrivano da investitori europei, americani, oltre alla Cina stessa, senza dimenticare un contributo promesso dall'Unione Europea. Questo perché già da tempo la comunità internazionale ha posto l'attenzione verso la rotta della Georgia. Per esempio, la Turchia ha finanziato un'autostrada e una ferrovia che collegano Baku, capitale dell'Azerbaijan, a Istanbul, passando anche dalla Georgia.
Piermario Curti Sacchi
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