Il Gruppo tedesco Deutsche Post, che controlla la multinazionale logistica DHL, ha presentato il programma per decarbonizzare il trasporto, che prevede lo stanziamento di sette miliardi di euro entro il 2030 per ridurre le emissioni di CO2, con l’obiettivo di portarle a zero entro il 2050. Uno degli interventi principali è l’elettrificazione della flotta per le consegne nell’ultimo miglio: entro il 2030 userà 80mila veicoli elettrici, pari al 60% del parco complessivo, contro il 18% del 2020.
Per il trasporto su lunghe distanze, stradale e aereo, la società non crede ancora nell’elettrificazione e userà quindi carburanti prodotti da energie rinnovabili. Questi ultimi, entro il 2030 dovranno alimentare il trenta percento delle percorrenze aeree. Il piano prevede anche interventi negli immobili per la logistica e quelli nuovi saranno costruiti con l’obiettivo di azzerarne l’impatto climatico.
E proprio la spinta verso l’elettrificazione delle consegne sta prolungando la vita di StreetScooter, la società che produce furgoni elettrici controllata dalla società postale. Dopo aver deciso di venderla, o in alternativa di chiuderla a causa delle perdite accumulate, Deutsche Post ha annunciato che almeno fino alla fine dell’anno la manterrà in vita per produrre altri furgoni. Oggi il Gruppo tedesco ne ha circa 14mila e vuole raggiungere la cifra di 20mila entro la fine del 2021.
La vicenda di StreetScooter sta diventando piuttosto complicata. Lo scorso anno era vicina la sua vendita alla cinese Chery, poi fallita. Intanto è aumentato l’interesse per la società, che ha due siti produttivi ad Aachen e Düren, grazie allo sviluppo della mobilità elettrica e ci sarebbero alcune offerte per la sua acquisizione. La stampa tedesca fa il nome dell’imprenditore Nazif Destani di Düsseldorf, che è socio di un’altra impresa che produce veicoli elettrici, la e.Go, il cui fondatore, Günther Schuh è stato uno dei progettisti del veicolo StreetScooter. Si parla anche di un gruppo d’investitori statunitensi e ancora della cinese Chery (che però potrebbe spostare la produzione in Cina), che potrebbe mettere sul piatto fino a 50 milioni di euro.