Secondo lo studio “Lo stato dei trasporti europei” condotto dalla fondazione Transport&Environment, nel 2030 il settore europeo dei trasporti sarà responsabile di quasi la metà delle emissioni del continente e, a partire dal suo picco registrato nel 2007, il settore si è decarbonizzato tre volte più lentamente rispetto al resto dell’economia. La previsione di T&E indica che, entro i prossimi sette-otto anni, il 44% delle emissioni di gas serra potrebbero essere riconducibili ai trasporti e, nonostante la situazione sia migliorata rispetto al periodo pre-pandemico, l’Europa potrebbe non riuscire a raggiungere gli obiettivi sul clima fissati per il 2050. Sebbene il principale responsabile secondo lo studio sembri essere l’automobile ad uso privato, anche il settore del trasporto merci, dal marittimo all’aereo fino allo stradale, appare oggi troppo legato ai combustibili fossili.
L’analisi mostra che oltre alla piena attuazione delle politiche chiave del Green Deal, saranno necessari ulteriori sforzi per decarbonizzare completamente i trasporti. In primo luogo, dovrà essere bloccata la domanda di mobilità, arrestando l'espansione delle infrastrutture stradali e aeroportuali e limitando il consumo del suolo. Il fenomeno conosciuto come traffico indotto, infatti, ha dimostrato che la costruzione di nuove strade per la riduzione del traffico, porta invece ad un aumento delle vetture in circolazione.
Minori tempi di transito possono spingere i fruitori ad abbandonare i trasporti pubblici in favore di mezzi privati e le nuove vie di comunicazione possono portare allo sviluppo di aree industriali o addirittura influire sulle scelte abitative, finendo per congestionare una strada costruita per alleggerire la viabilità. Il secondo passo del rapporto invoca invece la possibilità di intervenire con azioni vincolanti di elettrificazione per le aziende proprietarie di grandi flotte a combustione.
La riduzione dei pedaggi autostradali, infatti, non ha dato i risultati sperati e ad oggi non esiste competizione tra i mezzi pesanti a zero emissioni, acquistati prevalentemente per trasporti locali o addirittura per semplici ragioni di marketing, e quelli a gasolio, che rappresentano ancora la prima scelta della aziende di trasporto. L'ultima generazione di camion a gasolio, infatti, è compatibile col carburante alternativo Hvo che, seppur poco utilizzato, consentirebbe ai trasportatori di offrire servizi verdi si propri clienti senza rivoluzionare le procedure operative pianificando lunghe soste per la ricarica. Secondo T&E, l'elettrificazione dovrebbe portare anche all'abbandono definitivo della propulsione a idrogeno, ritenuta inefficiente e di fatto mai entrata in gioco nel mondo del trasporto merci.
Anche il trasporto marittimo e aereo sarebbero inefficienti e, in particolare, andrebbe eseguito uno studio approfondito sulle emissioni dell'aviazione, aumentate ad un ritmo di gran lunga più veloce rispetto a qualsiasi altro settore negli ultimi trent’anni. Il trasporto marittimo, invece, necessiterebbe di forti incentivi o dell'introduzione di vincoli stringenti per il passaggio a tecnologie meno inquinanti. Navi a propulsione eolica, come la Pixys Ocean di Cargill o altre soluzioni zero emission sono state in parte finanziate dall'UE, ma non esistono obblighi o previsioni per l'abbandono dei combustibili fossili.
Nel testo di T&La non viene menzionato il trasporto su rotaia, la cui ottimizzazione contribuirebbe a ridurre il numero di mezzi pesanti sulle strade europee ma che appare oggi sempre meno competitivo rispetto al gommato. Non a caso, uno studio rilasciato alla fine dello scorso anno dai gruppi di ricerca tedeschi Wuppertal Institute e T3 Transportation su richiesta della Ong Greenpeace, mostra che negli ultimi venti anni gli investimenti per le infrastrutture stradali europee hanno superato quelli ferroviari del 66%.
Oggi, questi investimenti stanno dando il prevedibile risultato di una netta predominanza del trasporto su gomma, che risulta però in contrasto con il nuovo programma Green Deal. Virare oggi sul trasporto via rotaia, scelta imprescindibile nella lotta alle emissioni, significa anche ammettere che gli ultimi due decenni di investimenti sono stati portati avanti nella direzione che oggi si vuole abbandonare.
Secondo lo studio, tra il 1995 e il 2018, sono stati spesi circa 1.500 miliardi di euro in tutta Europa per le infrastrutture stradali contro i 930 miliardi destinati alle ferrovie. Una differenza di circa 570 miliardi di euro. Nello stesso periodo, sono stati costruiti circa 30000 Km di autostrade contro i 15000 di binari, ma la ferrovia ha anche visto la chiusura di 13000 km di tracciati, per lo più regionali, e la chiusura temporanea o permanente di oltre 2600 stazioni. Lampante è il caso della Polonia che, da un lato, sta intensificando i lavori nell'ambito della Rail Baltica, dall'altro sta demolendo chilometri di tracciato inutilizzati suscitando le proteste di cittadini e associazioni. Il mese scorso, un deputato è intervenuto sull'eliminazione di una vecchia linea tra Poznan e Bygdoscz, invitando le ferrovie polacche al dialogo.
Sulla demolizione di binari in disuso è intervenuta anche un'attivista di Greepeace, Lorelei Limousin. “I governi e l’UE devono frenare questo smantellamento delle nostre linee ferroviarie, riaprire i binari in disuso, investire nelle ferrovie e fermare i massicci sussidi per le strade che rovinano il clima, inquinano l’aria e rendono infelice la vita delle persone”.
Le ha fatto eco Federico Spadini, Greenpeace Italia: “Negli ultimi tre decenni l'Europa ha sistematicamente ridotto la sua rete ferroviaria regionale e locale, destinando ingenti risorse alla rete stradale, con il risultato di incentivare il consumo di petrolio e aggravare la crisi climatica. Oggi ne subiamo tutte le conseguenze: le emissioni del trasporto su strada sono in aumento e per garantire un futuro sostenibile ed equo, i governi europei devono incentivare il trasporto ferroviario grazie ai fondi che oggi favoriscono il trasporto stradale e aereo, molto più inquinante”.
Le richieste di Greenpeace riguardano soprattutto il trasporto passeggeri, ma è evidente che il potenziamento dell'infrastruttura ferroviaria europea gioverebbe anche al trasporto merci. Dopo anni di investimenti nella rete stradale, oggi servono interventi decisi e univoci, investimenti mirati e chiare indicazioni a lungo termine per spingere il mercato verso soluzioni intermodali.
Marco Martinelli