Le conseguenze del referendum britannico che ha sancito l'uscita del Paese dalla UE cominceranno a emergere, almeno in modo formale, tra alcuni mesi ed è ancora presto per vederle concretamente. Ma si possono tracciare alcune tendenze. L'impatto sarà attenuato dal fatto che la Gran Bretagna non adotta l'euro, non ha mai aderito all'aerea Schengen (quindi mantiene il diritto di controllo su persone e merci in transito) e ha mantenuto una certa autonomia economica. Ma il trasporto delle merci non uscità indenne da questa rivoluzione, perché l'Unione Europea è il principale partner commerciale della Gran Bretagna. Quest'ultima invia verso l'UE il 43,7% delle sue esportazioni e riceve dall'UE il 53,1% delle importazioni.
Il primo effetto sarà che formalmente la Gran Bretagna uscirà dall'area di libero scambio dell'Unione e diventerà un Paese extracomunitario, ripristinando così burocrazia e, in teoria, dazi alle frontiere (anche se non conviene alle parti farlo). Si potrebbe anche riattivare il carnet Tir per i camion in transito, sparito dal 1992. GB e UE dovranno quindi siglare una serie di trattati bilaterali, tra cui anche quello sul numero di autorizzazioni per l'autotrasporto internazionale. Nello stesso tempo, i camion comunitari non potranno svolgere cabotaggio in GB, e viceversa. Inoltre, la Gran Bretagna dovrà negoziare da capo gli accordi si scambio con gli altri paesi extra-europei per i quali oggi esistono intese comunitarie.
Il ripristino delle pratiche di frontiera e doganali porterà a un immediato aumento dei tempi di trasporto tra Gran Bretagna e UE, con relativo aumento dei costi. Ciò avverrà per tutti i modi di trasporto, ma l'impatto maggiore potrebbe aversi in quello stradale, perché muove i maggiori volumi ed è penalizzato dall'imbuto dell'attraversamento della Manica, che avviene tramite la galleria ferroviaria o pochi porti d'imbarco. Basti pensare che ogni giorno viaggiano 500 camion solo tra Gran Bretagna e Paesi Bassi. Probabilmente, col tempo la situazione si stabilizzerebbe, anche grazie a prevedibili accordi bilaterali che potrebbe semplificare il transito delle merci e dei veicoli.
Per adesso, gli spedizionieri britannici sono prudenti: "Oggi la Gran Bretagna è ancora un membro dell'Unione Europea ed è presto per fare previsioni su che cosa accadrà nei prossimi due anni riguardo i negoziati e i trattati commerciali", ha dichiarato il 24 giugno Robert Keen, direttore generale della British International Freight Association. "Noi comunque sosterremo i nostri associati sui cambiamenti normativi, quando effettivamente avverranno".
La principale compagnia aera britannica IAG (British e Iberia) afferma che l'esito del referendum non avrà alcun impatto sul lungo termine sulle sue attività, però nel breve termine si potrà registrare una situazione di debolezza nel commercio. Sempre nel settore aereo, l'associazione internazionale degli aeroporti ACI chiede alle parti di restare "molto integrate per salvaguardare le connessioni aeree".
Sul fronte marittimo il dibattito è aperto. La questione principale verte sui porti e, in particolare, sui terminal container britannici che servono da hub per l'Europa continentale e sulle autostrade del mare. L'uscita della Gran Bretagna potrebbe spingere l'Unione, o alcuni Paesi di essa, ad alzare barriere protezionistiche per dirottare traffici verso i propri porti.
Nelle autostrade del mare, la Gran Bretagna perderebbe i diritto al libero cabotaggio marittimo e ogni rotta di una compagnia britannica andrebbe contrattata con il Paese di destinazione. D'altra parte, il settore marittimo britannico potrebbe ricevere liberamente aiuti di Stato, non essendoci più le restrizioni comunitarie (ma nello stesso tempo l'UE potrebbe penalizzare le compagnie britanniche nei propri scali).
Per quanto riguarda il trasporto ferroviario, Eurotunnel ha prontamente diffuso una nota in cui precisa che per ora non ci sono cambiamenti nelle procedure di attraversamento della Manica con le sue navette e che comunque il referendum non ha alcun impatto sulla società che gestisce l'infrastruttura, che ogni anno trasporta un milione e mezzo di camion.
Maria Toft Madsen, responsabile della Borsa Carichi TimoCom per la Gran Bretagna, sdrammatizza: "A differenza di altri esperti, non credo che la Brexit sarebbe un dramma. In quel caso, dovremmo aspettarci un calo iniziale del volume di trasporti da e verso la Gran Bretagna sulla piattaforma TimoCom. Con il tempo, la situazione dovrebbe stabilizzarsi, perché lo scambio delle merci con la Gran Bretagna continuerebbe. Per i nostri clienti UE, la Gran Bretagna verrebbe considerata, come meta di viaggio, alla stessa stregua di un qualsiasi paese non UE, ad esempio la Turchia o la Norvegia. D'altro canto, la prevista svalutazione della sterlina potrebbe anche determinare un nuovo aumento delle esportazioni dall'isola".
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