Mare e montagna preoccupano Conftrasporto, che nel giro di poche ore ha diffuso le dichiarazioni del presidente della confederazione Paolo Uggè e di quello dell’associata Federlogistica, Luigi Merlo. Il primo ha lanciato l'allarme sul flusso delle merci attraverso le Alpi. Oggi è già rallentato lungo il Brennero dei provvedimenti del Governo austriaco e presto sarà rallentato anche lungo l’asse del Monte Bianco dalle previste chiusure a intermittenza del traforo per manutenzione straordinaria. Ciò significa che la galleria stradale tra Italia e Francia non sarà praticabile per tre mesi l’anno per i prossimi diciotto anni.
Uggè si rivolge al ministro dei Trasporti, Matteo Salvini: “Caro ministro, la situazione si fa grave non solo per le imprese che operano nel settore dell’autotrasporto, ma per tutta l’economia italiana. Il tema va affrontato rapidissimamente a livello comunitario perché, con i valichi al ‘ralenti’, le imprese non saranno in grado di programmare la consegna delle merci”. La chiusura del Monte Bianco porterà maggiore intasamento al Frejus, dove si riverseranno tutti i veicoli in transito tra Italia e Francia
Luigi Merlo si preoccupa invece del mare e più precisamente delle conseguenze dei cambiamenti climatici sulle coste italiane: “Ora che abbiamo anche il ministero del Mare, che cosa si aspetta ad attivare un piano di protezione delle coste e di monitoraggio degli effetti del cambiamento climatico sui nostri mari?”, egli esordisce. La dichiarazione parte dalle conseguenze dell’ondata di maltempo avvenuta il 22 novembre 2022 in alcune regioni italiane, soprattutto in Lazio, Sardegna e Campania.
Merlo rileva che “non risulta sia stato attivato un piano, eppure quella climatica è un’emergenza prioritaria: gli episodi sono destinati a ripetersi e in maniera sempre più violenta. Migliaia di attività sulla costa rischiano di scomparire, le attività di navigazione e portuali saranno più complesse, mentre stanno già cambiando le condizioni di lavoro in sicurezza”. Il presidente di Federlogistica chiede quindi “un piano straordinario che tenga conto di tutti i fattori, a partire da sistemi di previsione più sofisticati e puntuali. Negli enti di ricerca e in alcune università esistono già analisi e competenze che consentirebbero di agire con tempestività. Rassegnarsi a contare i danni o a proclamare lo stato di calamità non può essere una scelta politica”.