Alla fine di giugno 2020 è stato scoperto un cluster di Covid-19 all’interno della piattaforma Brt di Bologna, che ha spinto l’Ausl a volgere controlli capillari tra i lavoratori di quella piattaforma e tra i loro parenti, trovando così 107 casi di positività, anche se quelli sintomatici sono pochi. In seguito, l’Ausl ha esteso i tamponi fuori dalla piattaforma Bartolini, per verificare se il cluster si è esteso ad altri impianti della logistica e finora ha controllato 220 persone. È emerso un altro piccolo cluster nel deposito della Tnt dove, secondo quanto riferisce l’edizione bolognese della Repubblica, sarebbero emersi diciotto casi di positività al coronavirus, tutti asintomatici.
Mentre sono ancora in corso i controlli, prosegue la mobilitazione sindacale, anche se con gradi diversi. Il più agguerrito è il sindacato di base SiCobas, che chiede la chiusura immediata degli impianti dove sono state rilevate le positività, affermando che i casi reali sono maggiori di quelli dichiarati e appoggiando la richiesta con due scioperi. Il sindacato afferma che in Brt 130 lavoratori al cambio turno condividono lo spogliatoio e alla sera la mensa. Inoltre, nell’impianto ci sono dieci bagni, usati non solo dal personale del magazzino, ma anche dagli autisti e dai trenta lavoratori delle agenzie esterne, che cambiano frequentemente.
Sul cluster bolognese è intervenuta anche la Filt Cgil, confermando le preoccupazioni per il settore della logistica che “non si è fermato per il lockdown, ma ha intensificato le proprie attività di consegna a domicilio”. Inoltre questo ”è un settore ad alta intensità con uno spezzettamento di società diverse che operano nello stesso luogo (appalti e subappalti)”. Il sindacato confederale chiede quindi d’intensificare i controlli nella aziende del comparto operanti nell’area bolognese, d’isolare i contagiati e rispettare in modo rigoroso i protocolli di sicurezza.