Il Decreto Milleproroghe 2025 ha introdotto una proroga al 31 marzo 2025 per l’obbligo di stipula di polizze assicurative contro i danni da eventi catastrofali per gli edifici commerciali. Tale obbligo è stato introdotto dalla Legge di Bilancio 2024 con l’obiettivo di proteggere le attività produttive da eventi quali terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni. La norma, inizialmente fissata per il 31 dicembre 2024, imponeva alle imprese di assicurare i beni strumentali, inclusi immobili, macchinari e attrezzature commerciali. Sono state escluse dall’obbligo le imprese agricole, disciplinate dall’Articolo 2135 del Codice Civile, e quelle con immobili in abuso edilizio.
La Legge demandava al ministero delle Imprese e del Made in Italy e a quello dell’Economia e delle Finanze l’emanazione di un Decreto interministeriale per definire i requisiti tecnici delle polizze, tra cui premio, franchigia fino al 15% del danno e massimali. Nonostante l’approvazione della bozza del Decreto da parte del Consiglio di Stato nel novembre 2024, il testo definitivo non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, creando incertezze operative.
La proroga al 31 marzo 2025 nasce proprio dal riconoscimento dell’impreparazione del sistema assicurativo e la mancata pubblicazione del Decreto attuativo. È stata concessa un’ulteriore deroga al 31 dicembre 2025 esclusivamente alle imprese operanti nei settori della pesca e dell’acquacoltura, mentre altre richieste di proroga avanzate dalle associazioni di categoria sono state respinte. Tuttavia, la proroga non risolve le criticità sistemiche, tra cui la mancanza di linee guida definitive per le compagnie assicurative, che non hanno ancora ricevuto indicazioni chiare sulle modalità di calcolo dei premi. Inoltre, il disallineamento temporale tra l’eventuale pubblicazione del Decreto attuativo e la scadenza prorogata rischia di rendere il termine del 31 marzo 2025 insufficiente per molte piccole e medie imprese. Un altro elemento critico riguarda i rischi di esclusione dai fondi pubblici, poiché le imprese inadempienti non potranno accedere a contributi statali in caso di calamità, aumentando ulteriormente la pressione sulle aziende.
Alo stato attuale, le polizze devono coprire immobili commerciali, terreni, impianti e macchinari, escludendo beni mobili come computer e attrezzature d’ufficio. La copertura minima richiesta è pari all’85% del danno dopo l’applicazione della franchigia, con clausole che escludono eventi legati a conflitti armati, terrorismo o inquinamento. Per le imprese con sedi in aree ad alto rischio, come zone sismiche o alluvionali, si stima che i premi assicurativi potrebbero raggiungere 12mila euro annui per le piccole attività, mentre per quelle situate in zone a basso rischio la spesa si aggira intorno ai 500 euro.
Per rispettare i nuovi obblighi, le aziende devono valutare l’esposizione geografica degli immobili, analizzando la loro vulnerabilità sulla base delle mappe di rischio aggiornate. Gli esperti consigliano anche di chiedere alle assicurazioni preventivi comparati, considerando la possibilità di ottenere sconti per l’adozione di misure di sicurezza antisismiche o idrogeologiche. Un altro aspetto fondamentale riguarda la verifica della regolarità urbanistica, dal momento che l’esclusione dalle coperture assicurative per abusi edilizi impone un controllo preventivo degli immobili.
Il Decreto attuativo dovrebbe introdurre incentivi per le imprese che adottano sistemi di controllo e prevenzione, oltre a meccanismi di coassicurazione per contenere i costi, con il coinvolgimento di Sace come riassicuratore di ultima istanza. Le compagnie assicurative potrebbero essere obbligate ad anticipare il 30% dell’indennizzo in caso di sinistro, garantendo così maggiore liquidità alle aziende colpite. A livello territoriale, si registra una forte disparità: le regioni del Nord, come la Lombardia, hanno già avviato collaborazioni con istituti di credito per finanziare l’adeguamento delle infrastrutture, mentre nel Mezzogiorno i ritardi nell’accesso ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rischiano di ampliare ulteriormente il divario.