La Guardia di Finanza di Padova ha sgominato un’organizzazione che sfruttava immigrati indiani nella logistica e nell’industria metalmeccanica in sette regioni: Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Puglia. Quando gli immigrati arrivavano in Italia erano assunti da alcune cooperative compiacenti che fornivano manodopera nei due comparti e quindi ottenevano il permesso di soggiorno. Entravano però in un meccanismo di stretto controllo da parte dell’organizzazione, che provvedeva anche a sopprimere qualsiasi protesta o tentativo di adesione a sindacati con minacce e violenze. Secondo gli inquirenti, a capo del meccanismo di caporalato c’era un imprenditore indiano, che grazie alla sua nazionalità poteva minacciare i lavoratori anche di ritorsioni verso i loro familiari rimasti in India.
Una volta assunti, i lavoratori dovevano versare all’organizzazione ingenti somme per il conseguimento del permesso di soggiorno e del lavoro, anche tramite un prelievo diretto di contante dai loro conti correnti. L’organizzazione forniva loro pure alloggi in ambienti degradati. La Finanza ritiene che nella sola provincia di Padova siano stati assoggettati a questo sistema almeno un centinaio d’immigrati. Al termine dell’inchiesta, la Procura ha stabilito il sequestro di beni per 750mila euro e ha posto sotto indagine quindici persone, tra cui l’organizzatore del sistema, per associazione a delinquere finalizzata al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori.