Il Corriere della Sera del 20 ottobre 2020 scrive che il pubblico ministero milanese Paolo Storari ha avviato un’inchiesta su alcune cooperative che servono la manodopera a Movimoda, la società specializzata nella logistica per il comparto dell’abbigliamento e soprattutto per i principali marchi della Moda. Nell’ambito di questa indagine, la Guardia di Finanza ha sequestrato in via preventiva quattro milioni di euro all'amministratore e socio di maggioranza della società. Questa cifra corrisponderebbe all’Iva che non sarebbe stata versata dal 2012 al 2017 nei rapporti di fornitura di manodopera di quattro cooperative.
Secondo gli inquirenti, Movimoda avrebbe stipulato contratti con cooperative solo apparentemente autonome, ma che sarebbero emanazioni di Movimoda amministrate da prestanome. Queste cooperative, riunite in consorzi, avrebbero offerto tariffe molto basse grazie a una somministrazione di manodopera ritenuta dagli inquirenti irregolare e beneficiando di crediti Iva ritenuti illeciti. Ci sarebbe stato anche un turn-over sospetto delle cooperative, che chiudevano travasando il personale (si parla di almeno 161 persone) a nuove realtà che svolgevano gli stessi servizi.
Negli atti dell'inchiesta ci sono, secondo il Corriere, le testimonianze di trenta lavoratori e mail sequestrate, ma anche la confessione di uno dei gestori delle cooperative arrestato nel 2017 e condannato per reati fiscali e con un processo di bancarotta in corso. Secondo questa testimonianza, la cooperativa riceveva da Movimoda 13 euro all’ora per la fornitura di manodopera. Dopo la pubblicazione dell’articolo, gli avvocati di Movimoda hanno dichiarato al Corriere che la società “ha operato nel rispetto della legalità e, esaminate nel dettaglio le contestazioni del decreto, si difenderà nelle opportune sedi”.
La logistica della Moda è già apparsa in altre inchieste sullo sfruttamento della manodopera tramite cooperative. Nell’aprile del 2019 il Gip di Piacenza Stefania di Rienzo ha rinviato a giudizio quattro persone della cooperativa Poseidon, che operava nella logistica di Piacenza, con l’accusa di estorsione aggravata. L’accusa sostiene che alcuni lavoratori sarebbero stati costretti a diventare soci, accettare buste paga irregolari e a non iscriversi a sindacati per non perdere il lavoro. In quel caso l’indagine è partita dalla denuncia di un lavoratore.