Resta ancora oscura la sorte dei lavoratori di Artoni Trasporti, l'azienda del Gruppo emiliano che conta il maggior numero di dipendenti e che ha chiesto il 5 aprile scorso l'amministrazione straordinaria e che l'11 aprile ha annunciato l'apertura della mobilità volontaria per sessanta persone (inizialmente erano 110). Il 16 aprile, si svolge un nuovo incontro sull'avvio della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori restanti, dopo che il ministero del Lavoro ha respinto la prima richiesta perché le condizioni presentate dall'azienda non sono state ritenute idonee.
Ma secondo Marco Righi, segretario provinciale della Filt Cgil di Reggio Emilia (dove ha sede Artoni), la situazione è più complessa. Righi spiega che numerosi lavoratori starebbero lasciando l'azienda già ora, presentando le dimissioni per giusta causa, dovuta al mancato pagamento degli ultimi tre stipendi. Con questa motivazione, i lavoratori otterrebbero il Naspi, ossia il sussidio di disoccupazione.
Ma Righi denuncia che quando l'azienda invia l'avviso telematico delle dimissioni lo farebbe senza specificare la giusta causa. "In questo modo, dichiarando le semplici dimissioni, Artoni Trasporti non deve corrispondere l'indennità sostitutiva di preavviso. Quindi l'Inps non riconosce il Naspi a questi lavoratori, che per ottenerlo devono avviare un ricorso. Se poi lo vinceranno, il pagamento decorrerà dopo il preavviso da due a quattro mesi e non da otto giorni, come nel caso di licenziamento collettivo, che si sommano ai tre mesi di stipendi non pagati dall'inizio dell'anno".
L'alternativa alle dimissioni per giusta causa è aderire alla mobilità volontaria, che però riguarda solo sessanta dei 220 dipendenti che, secondo la Filt, sono rimasti in azienda, dalle iniziali 480 unità. Di quelli mancanti, 130 sono passati a Fercam con l'affitto di quattordici impianti e sono al sicuro almeno per un anno (quando scadrà l'accordo sulla cessione del ramo d'azienda) e gli altri hanno presentato le dimissioni.
Se la situazione è difficile per i dipendenti, per i fornitori (tra cui società di facchinaggio e di autotrasporto) è drammatica. Molti vantano arretrati fin dallo scorso luglio e non è chiaro come potrebbero recuperarli se l'Artoni non riuscirà a riprendersi (ipotesi considerata remota, visto che gli unici impianti che potrebbero continuare a lavorare, per conto Fercam, sono quelli di Genova e Trento). In caso di azioni legali per il recupero del credito verso Artoni Trasporti non ci sarebbero asset su cui contare, perché gran parte degli immobili sarebbero sottoposti a ipoteca da parte delle banche o ancora in leasing.
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