La notizia ha tenuto banco sulle pagine della stampa locale in Canton Ticino non solo per la perdita di una ventina di posti di lavoro ma perché è la conferma di una tendenza che rischia di vedere prossimamente svuotarsi la cosiddetta "fashion valley" ticinese. Già comunicata ai dipendenti, la scelta è arrivata per mera convenienza economica. Dopo le partenze importanti di Armani e Lgi-International, è indubbiamente "una brutta notizia" per l'associazione di categoria Ticino Moda, che per bocca del segretario Alberto Riva precisa: "Non è vero che il comparto è in crisi e ci sono aziende che nel frattempo stanno crescendo, il settore nel complesso regge".
Secondo quanto spiegato direttamente dall'azienda "i motivi sono differenti e non hanno nulla a che vedere con la tassazione". Una prima ragione è legata alle tempistiche di distribuzione della merce: "Per cominciare, tutto quanto veniva prodotto nell'hub svizzero era distribuito in Italia e i tempi per rifornire i punti vendita negli ultimi anni si erano molto allungati. Spostandoci nella vicina Penisola questi tempi saranno abbattuti: per raggiungere i negozi impiegheremo generalmente 4-10 giorni lavorativi in meno". Un secondo aspetto riguarda le esportazioni dei prodotti di lusso: "L'Unione Europea, l'Italia nel nostro caso, ha accordi vantaggiosi con Paesi come il Giappone, la Corea e il Canada. Questi accordi non sono ovviamente applicabili quando la merce parte dalla Svizzera". Infine anche un ragionamento legato ai dazi: "Il terzo fattore che ci ha spinti a decidere di chiudere lo stabilimento di Stabio riguarda lo spostamento della merce non preferenziale che subisce dazi doganali quando importata in Svizzera ma non quando arriva in Italia. Quindi noi eravamo costretti a fare una doppia operazione doganale, importando prima in Italia e poi trasferendo il tutto oltre confine. Senza la sede ticinese le spese relative a questa seconda operazione saranno risparmiate".
Secondo altri osservatori, invece, il problema principale che ha spinto all'addio di Tom Ford alla Svizzera sarebbe legato alla tassazione troppo elevata. In un'interrogazione presentata al locale Consiglio di Stato il Movimento per il Socialismo contesta la giustificazione relativa ai dazi affermando che "Tom Ford Distribution Sagl è una Società a garanzia limitata nel ramo Commercio di vestiti", non nella produzione. "Quindi la Tom Ford Distribution - come facilmente intuibile dal nome - non importava tessuti e non li lavorava; era un centro di logistica e fatturazione, come Armani e come la LGI prima che smantellassero le loro attività in Ticino", hanno sottolineato i deputati Matteo Pronzini, Angelica Lepori e Simona Arigoni. "Non si capisce quindi che impatto avrebbero su queste attività i dazi sui tessuti, peraltro aboliti proprio per rendere più concorrenziale il settore. Per contro se la Tom Ford Distribution fosse venuta sul nostro territorio al solo scopo di trasferire gli utili realizzati in altri paesi in Ticino dove gode di privilegi fiscali, come hanno fatto tante altre imprese, la partenza appare ineluttabile visto che con le nuove regole internazionali queste imprese saranno comunque obbligate a pagare le imposte dove creano valore aggiunto e producono».
Nicola Capuzzo
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