A metà ottobre 2017, la Finanza ha scoperto un'altra ingente spedizioni di cocaina sbarcata al terminal container di Gioia Tauro: venticinque panetti in alcune borse nascoste in un container carico di caffè, imbarcato a Puertocortes, nello Honduras, e diretto a Istanbul. Una brillante operazione contro il traffico internazionale di stupefacenti, che però ha spinto Alessandro Laghezza, presidente e amministratore delegato dell'omonima società di spedizioni doganali, a intervenire sulle conseguenze che tali operazioni portano alla filiera logistica. Infatti, le operazioni possono portare al sequestro di navi o camion, magari coinvolgendo il comandante della nave, rappresentanti degli armatori o dell'impresa di trasporto, di spedizionieri o agenti marittimi, portando anche a procedimenti giudiziari nei loro confronti.
"Il fenomeno del traffico di droga e la crescita esponenziale delle spedizioni che transitano attraverso i porti italiani minaccia di mettere in crisi le principali categorie professionali del trasporto, che nella stragrande maggioranza dei casi non sono in grado di controllare il contenuto dei container e che si trovano coinvolti in inchieste pericolosissime da tutti i punti di vista", spiega Laghezza.
Lo spedizioniere ritiene quindi che sia giunto il momento di "definire le regole di ingaggio e quantomeno a livello nazionale individuare con chiarezza, in sede preventiva, i limiti di responsabilità e nella maggior parte dei casi l'impossibilità totale di effettuare controlli da parte delle categorie professionali del trasporto, primi fra tutti gli spedizionieri e gli spedizionieri doganali".
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