Dal 1° giugno 2023 la Polonia vieta l’ingresso sul proprio suolo a trattori, rimorchi e semirimorchi russi e bielorussi, mentre l’Unione Europea ha già emanato dieci pacchetti nel tentativo di bloccare o quantomeno rallentare l’economia russa. Nonostante tutto e al di là della propaganda delle fazioni in causa, Mosca sembra oggi in grado di reggere l’urto e, con l’aiuto di triangolazioni e di nuove rotte, ha creato una rete di intermediari che hanno permesso al mercato globale di adattarsi alle sanzioni ed eluderle.
Già nell’aprile del 2022, poco dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, L’UE aveva vietato l’ingresso sul proprio territorio ai trattori stradali con targa russa, ma il divieto era stato eluso semplicemente agganciando il rimorchio a un trattore comunitario e subappaltando il viaggio a vettori non soggetti a sanzioni. Poche settimane fa, dopo il nuovo blocco istituito dalla Polonia, il portale russo RG ha riportato alcune dichiarazioni provenienti dalla GruzAvtoTrans (l’associazione nazionale del trasporto merci su strada facente capo al Cremlino) secondo cui il divieto sarà aggirato senza troppe difficoltà e le merci continueranno a transitare regolarmente e con tempistiche competitive.
I trasportatori russi, infatti, potranno ancora circolare in Lituania dove prevedono, grazie alle relazioni con imprese locali, di trasbordare le merci su mezzi non soggetti a blocchi. Il trasbordo potrà anche avvenire in territorio russo e bielorusso e, sempre secondo RG, questo porterà alla nascita e allo sviluppo di nuovi centri logistici, alla creazione di nuovi posti di lavoro ed avrà quindi benefici sull’economia di Mosca.
Lo stesso meccanismo è utilizzato per eludere le sanzioni europee sui combustibili e, come riferito dall’agenzia Reuters e confermato da diverse testate di Mosca, le petroliere russe effettuano trasferimenti di greggio in alto mare da nave a nave, in particolar modo nel mar Baltico e nel mar Egeo, per poterlo poi immettere sul mercato attraverso partner commerciali esenti da vincoli.
E mentre il primo ministro polacco, Mateuz Morawiecki, in una conferenza stampa risalente al marzo 2023 ha dichiarato che Polonia e Arabia Saudita hanno rafforzato i reciproci scambi commerciali, soprattutto per quanto concerne gas e gasolio, i dati a disposizione di Reuters dimostrano che lo stato arabo, nel 2022, ha raddoppiato la quantità di prodotti petroliferi acquistati dalla Russia, passando 320 a 647 mila tonnellate, ovvero 48 mila barili al giorno. Nel 2023 il trend è addirittura in ascesa e nel solo mese di febbraio, i porti di Ras Tanura e Jeddah hanno ricevuto 190 mila tonnellate di carburante russo.
Per quanto riguarda invece i beni di lusso e l’elettronica, la Russia riesce ad eludere le sanzioni avvalendosi dell’aiuto di stati ponte come Turchia, Serbia, Kazakistan o Tajikistan, e molti altri. Tracciare tutte le nuove rotte è complesso, tuttavia il caso più eloquente riguarda Armenia e Georgia, che al termine del primo anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina hanno registrato un aumento del Pil rispettivamente del 12,6% e 10,1% e, come dichiarato dagli istituti di ricerca dei due Stati, un dato significativo riguarda l’export di veicoli (automobili, aerei e navi) verso la Russia, quadruplicato nel giro di un anno.
Il fenomeno non è passato inosservato dai vertici dell’UE e oggi i Paesi Bassi stanno chiedendo a gran voce una stretta alle triangolazioni. Il ministro degli esteri Wopke Hoekstra auspica l’istituzione di un organismo di vigilanza sull’applicazione delle misure restrittive, evase su larga scala e oggi impossibili da controllare. La proposta avanzata punta a migliorare la condivisione delle informazioni all’interno degli stati membri dell’UE, stilando una lista dei flussi commerciali a più alto rischio di elusione e inserendo l’obbligo per gli esportatori di dichiarare uso e destinazione finali dei prodotti esportati.
Marco Martinelli