Il 19 aprile, la Guardia di Finanza di Cremona ha eseguito un provvedimento di confisca di beni e quote societarie in diverse province italiane per un valore di 55 milioni di euro, nell’ambito delle conseguenze delle condanne del processo Aemilia contro le infiltrazioni della ‘Ndrangheta nell’economia dell’Emilia Romagna e, in particolare, nelle province di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza. Il provvedimento è stato emanato dalla Corte d’Appello di Bologna e confermato da quella di Cassazione. Questa confisca si aggiunge a quelle già eseguite per un valore di 61,5 milioni di euro.
Alcuni dei beni confiscati riguardano anche il trasporto e la logistica, due settori che hanno subito le infiltrazioni mafiose. Tra le sedici società confiscate nelle provincie di Aosta, Modena, Parma, Reggio Emilia, Rimini e Crotone, alcune operano nella logistica e tra i 97 beni mobili ci sono 17 rimorchi e semirimorchi. Il processo è partito nel 2012 da un caso d’usura e ha portato alla scoperta di un’organizzazione, che comprendeva anche titolari d’imprese con elevati fatturati, che frodavano il fisco tramite false fatture e usavano i proventi per prestare denaro ad aziende sane emiliane con l’obiettivo di assumerne il controllo.
Nel maggio del 2022 la Corte di Cassazione confermò condanne per un totale di 700 anni di carcere emesse nel processo Aemilia, confermando così l’infiltrazione della ‘Ndrangheta nell’economia emiliana. È emerso il quadro di una grande cosca autonoma, anche se collegata alla mafia calabrese. La crescita di questa cosca ha comportato anche la morte di sei persone in Emilia. Tra gli atti d'intimidazione c'è stato anche l’incendio di nove veicoli industriali a Reggiolo, in un contesto di 124 episodi di danneggiamento e d’incendio attuati dalla cosca. Gli inquirenti hanno anche scoperto che alcuni imprenditori emiliani hanno usato i servizi dei mafiosi per recuperare crediti.