L’indagine sui furti nel polo logistico Amazon di Castel San Giovanni sono iniziate dalle denunce presentate alla Guardia di Finanza dai responsabili della sicurezza dei magazzini, che si erano accorti della sparizione di diversi prodotti. Ben presto gli inquirenti si sono resi conto che si trovavano di fronte a una banda ben organizzata, che riuniva diverse figure all’interno della piattaforma logistica: magazzinieri, addetti all’imballaggio e autisti.
L’inchiesta è durata alcuni mesi, anche perché la banda attuata un sistema complesso per portare la merce fuori dal magazzino evitando i controlli e i sistemi di sicurezza. Chi lavorava nel magazzino prelevava i prodotti – generalmente materiale elettronico di consumo – e li confezionava, nascondendoli poi nel contro-soffitto dei servizi igienici che fanno parte degli spogliatoi dei dipendenti, un’area che non viene controllata.
In un secondo momento, i magazzinieri agganciavano i pacchi a un cavo metallico che scorreva nel contro-soffitto fino al un locale esterno alla piattaforma, da dove poi erano facilmente caricati su furgoni, grazie anche all’aiuto di vedette poste fuori dal perimetro aziendale. La merce era poi venduta in Italia e all’estero.
I primi due arresti sono avvenuti mentre i membri della banda stavano trasportando della refurtiva appena prelevata dal magazzino, con a bordo un carico da 60mila euro. Secondo gli inquirenti l’organizzazione ha compiuto furti per almeno 100mila euro. Al termine dell’indagine sono state denunciate diciassette persone: oltre alle due in flagranza di reato, altre tre sono accusate di associazione a delinquere per furto aggravato, tredici per concorso in furto e ricettazione e una per incauto acquisto.