Il 16 maggio 2023 la Guardia di Finanza ha posto i sigilli alla sede di una società di spedizione e trasporti di Genova, come conseguenza del provvedimento d’interdizione per sei mesi emesso dal Gip di Genova e notificato anche alla Camera di Commercio Industria e Artigianato di Genova e all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Come accade sempre in questa fase delle indagini, gli inquirenti non hanno comunicato il nome dell’impresa, affermando solo che è una società per azioni che ha sede a Genova e uffici a Vicenza e che opera nel settore dagli anni Sessanta.
Il provvedimento del Tribunale nasce da un’indagine svolta dalla Guardia di Finanza nel capoluogo ligure su un “sofisticato sistema di frode posto in essere da una società genovese che da anni falsificava bollette doganali ed altri documenti afferenti l’importazione ed il transito di merci, al fine di addebitare spese indebite ai propri ignari clienti”, come spiega in una nota. Il reato compiuto sarebbe di “associazione per delinquere finalizzata alla commissione di molteplici illeciti, tra i quali, la truffa aggravata e ai danni dello Stato, la falsificazione materiale e ideologica di svariati documenti doganali attraverso la sostituzione di codici in documenti ufficiali, l’apposizione di timbri e la creazione ad hoc di false bollette doganali di transito T1”.
Durante l’indagine, gli inquirenti hanno scoperto false dichiarazioni per i clienti, che erano importatori di merci da Paesi extra-europei. A loro la società indagata ha addebitato spese per visite e controlli doganali mai avvenuti. In pratica, la società indagata comunicava alla Dogana dei porti d’importazione – oltre a Genova anche Napoli, Salerno e Bari – che le merci erano esenti da verifica sanitaria, mentre ai clienti fatturava la prestazione per una verifica mai avvenuta, chiedendo anche le relative tasse da versare all’ufficio di Sanità Marittima del ministero della Salute. I Finanzieri hanno scoperto in alcuni cassonetti dei rifiuti vicino alla sede della società alcuni di questi falsi documenti e negli uffici hanno trovato timbri con le diciture “Visita” e “Scanner”, che servivano per creare tali documenti.
Nel tempo, aggiunge la Finanza, la società ha perfezionato questo metodo per evitare che i clienti scoprissero le false visite doganali: prima di consegnare ai clienti il container, i suoi addetti rimuovevano il sigillo originario, apponendone uno falso. Questa frode avrebbe fruttato allo spedizioniere genovese oltre 620mila euro. Dopo avere ammesso la frode, la società ha restituito ai clienti circa 540mila euro, ma il Tribunale ha comunque disposto il sequestro di 82mila euro sui conti correnti societari.