Spediporto, l'associazione degli spedizionieri genovesi, in occasione della sua assemblea annuale del 14 maggio 2018 ha tracciato la rotta per lo sviluppo futuro dei porti liguri in un contesto di radicale trasformazione per l'industria dei trasporti e della logistica. Spediporto ha lanciato la proposta di realizzare quello che è stato definito come "il primo esempio italiano di Logistic System certificato". In pratica si tratta di "mettere in atto un sistema per cui tutti gli attori che operano all'interno dei porti di Genova e Savona (terminalisti, agenzie, spedizionieri e trasportatori) decidono di aderire a un protocollo di prestazioni, di tempistiche e di performance certificato che consenta di migliorare l'efficienza del porto. Una sorta di certificazione di qualità monitorata dal sistema informatico portuale E-port". Il tutto da "vendere" poi oltre l'Appennino ligure sotto forma di marketing per attirare nuovi traffici. "L'idea sarebbe costruire un brand attorno a questo sistema in modo da portare a conoscenza del mercato le prestazioni effettive del porto di Genova", ha spiegato il presidente dell'associazione Alessandro Pitto.
Parlando di gigantismo navale, concentrazione dei liner, e-commerce e consolidamento dell'industria in mano a player sempre più presenti trasversalmente e attivi in vari segmenti d'attività della logistica, il numero uno degli spedizionieri genovesi ha scritto nella sua relazione: "Siamo davanti a una vera e propria rivoluzione che sta, da un lato, sovvertendo gli equilibri maturati in decenni all'interno del mondo della logistica e, contemporaneamente, riscrivendo quelle che sono state, almeno fino ad oggi, le regole d'ingaggio tra operatori".
In concreto, ciò si sta traducendo in una selezione naturale dei porti che Pitto descrive così: "L'efficienza e la produttività di uno scalo portuale e, conseguentemente, i suoi servizi saranno determinanti per garantirsi la presenza di un numero adeguato di linee. Le compagnie armatoriali saranno portate a scegliere scali che riducano il più possibile i tempi di handling in porto pur dovendo servire navi sempre più grosse, la velocità si sposterà dal mare alla terra, e il valore aggiunto dello shipping non sarà più legato alla tratta marittima ma dipenderà dalla qualità dei servizi che il territorio saprà dare alla merce. Sul tema dei servizi alla merce e della capacità di costruire adeguate performance di sistema da vendere al mercato si gioca tanto, anzi tantissimo, del nostro futuro".
Ecco dunque spiegati i motivi per cui Spediporto si è fatta promotrice di un protocollo d'intesa firmato da tutti gli operatori portuali (autotrasportatori, terminalisti, agenti marittimi, imprese) e dalle istituzioni locali volto a fissare alcuni paletti precisi. Con questo protocollo le parti hanno concordato, fra le altre cose, di "definire un modello di certificazione dei livelli di servizio per consentire un innalzamento dei livelli di trasparenza, qualità e affidabilità dei servizi erogati; individuare, entro sei mesi, i dettagli tecnici necessari a conseguire una riduzione dei tempi di transito e stazionamento della merce in ambito portuale e una migliore pianificazione degli arrivi presso le infrastrutture e gli impianti; assumere questa impostazione come riferimento per l'attività di promozione del sistema porto; di avviare una verifica sugli orari e i tempi di funzionamento degli impianti, delle infrastrutture e dei presidi operanti in ambito portuale". In questi ragionamenti rientra anche il progetto, emerso pochi giorni fa, di verificare la fattibilità di un servizio di navettamento dei container via strada o via treno fra il porto di Genova e due inland terminal posizionati a Ovada e Tortona.
Nicola Capuzzo
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