Tra le tante decisioni del presidente statunitense Donald Trump che che riguardano il commercio internazionale una coinvolge anche il servizio postale, che negli ultimi anni ha assunto un'importanza sempre maggiore grazie allo sviluppo del commercio elettrico. Il primo annuncio è datato agosto 2018: "Le attuali pratiche postali internazionali nell'Upu non sono in linea con gli interessi economici e di sicurezza nazionale degli Stati Uniti", ha scritto Trump in un memorandum. Secondo il presidente, i servizi postali stranieri non forniscono all'amministrazione Usa le informazioni digitali delle spedizioni con sufficiente anticipo, impedendo alla U.S. Customs and Border Protection di rilevare colli a rischio per la sicurezza nazionale, ma anche di controllare il flusso delle importazioni. Quest'ultimo è un fattore chiave nella guerra commerciale con la Cina.
Ma c'è anche un altro elemento importante: la struttura delle spese terminali, regolata dall'Unione Postale cinquant'anni fa. Ciò regola gli importi che la società postale di partenza di un pacco deve versare a quella di destinazione, nel caso di spedizioni internazionali. L'attuale struttura si basa su una classificazione per singolo Paese, che considera diversi fattori nazionali, tra cui i volumi, i costi e le tariffe. Ciò comporta che i Paesi una volta ritenuti "in via di sviluppo" devono versare agli Stati Uniti importi relativamente bassi, mentre gli Usa pagano di più ai Paesi destinatari. Fino a poco tempo fa questo era un elemento marginale, ma il boom del commercio elettronico lo ha posto in primo piano e l'Amministrazione statunitense afferma che oggi questa distorsione rappresenta uno svantaggio competitivo.
Anche questo elemento coinvolge la Cina, perché secondo lo schema attuale è considerata ancora un Paese "in via di sviluppo", con le relative tariffe, mentre oggi è la seconda potenza economica mondiale. In concreto, le società cinesi possono vendere negli Stati Uniti anche prodotti a basso costo, sfruttando le basse tariffe postali dell'Usps, facendo così concorrenza ai venditori statunitensi grazie anche al loro servizio postale. Secondo un rapporto della stessa Usps, questa struttura delle spese terminali è costata alla società postale 300 milioni di dollari solo nel periodo tra il 2010 e il 2014, una cifra che probabilmente sarà superiore negli anni successivi, a causa della crescita dell'e-commerce mondiale.
Bisogna però ancora aspettare per vedere se la decisione dell'uscita di Usps dall'Unione Postale (possibile purché con un anno di preavviso) è una mossa tattica o una scelta definitiva. Infatti, il 25 e 26 settembre si svolgerà a Ginevra il terzo Congresso straordinario dell'Upu e all'ordine del giorno ci sarà proprio la revisione della struttura tariffaria per i piccoli pacchi. Il Dipartimento di Stato Usa presenterà una proposta che consentirà agli Stati Uniti di decidere in modo autonomo le tariffe internazionali. Se l'Unione Postale non accetterà tale proposta, gli Usa usciranno il 17 ottobre e dal 202 l'applicheranno, avviando negoziati bilaterali con i singoli Paesi. Ciò comporterà un notevole aumento delle spedizioni di piccoli pacchi verso gli Stati Uniti, coinvolgendo soprattutto il trasporto aereo espresso, che potrebbe perdere volumi a favore di quello marittimo, più lento ma più economico. È si può prevedere che l'uscita di un Paese importante come gli Usa avrà un forte contraccolpo sulla stessa Unione Postale.
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