Il capitolo dedicato all’autoproduzione portuale del lungo documento presentato il 23 marzo 2021 dall’Autorità Garante della Concorrenza sulla Legge annuale sulla concorrenza ha riacceso la battaglia su questo argomento tra armatori e sindacati. Di fatto, l’Antitrust si schiera con i primi, chiedendo l’abrogazione del comma 4bis dell’articolo 16 della Legge numero 84 del 28 gennaio 1994. Tale comma consente l'autoproduzione delle operazioni e dei servizi portuali solo nel caso in cui nel porto non vi siano le necessarie attrezzature o maestranze.
L’Autorità sostiene che “il ricorso all’autoproduzione può essere un elemento importante per contenere l’eventuale potere di mercato delle compagnie portuali e stimolare l’efficienza nella fornitura di servizi portuali”. Inoltre, “la norma appare suscettibile di ridurre la competitività dei porti italiani rispetto ai porti limitrofi di altri Stati membri”, perché i vettori potrebbero scegliere un porto straniero proprio per la possibilità di svolgervi l’autoproduzione.
Questa richiesta ha provocato un’immediata reazione da parte dei sindacati, che sostengono il divieto all’autoproduzione. In una nota congiunta, Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti ritengono l’indicazione dell’Antitrust “assolutamente inappropriata e ben lontano dalla realtà dei fatti”. La norma in vigore, secondo le sigle, non vieta tale pratica, ma “definisce meglio la possibilità di farne ricorso”. Secondo i sindacati, il vero nodo è “la forte spinta dello shipping nel difendere il proprio potere di mercato e favorire una liberalizzazione selvaggia dei servizi tecnico nautici e della stessa autoproduzione”. I sindacati rilanciano chiedendo al ministero Mims (ex Trasporti) di emanare in tempi brevi il Decreto attuativo sull’autoproduzione.